"Alessandro Impagnatiello era determinato a uccidere Giulia e il bambino che quest’ultima portava in grembo, il piccolo Thiago. Dapprima ha provato ad avvelenarla con il topicida poi, quando il piano è fallito, l’ha uccisa”. Ne è convinta Laura Marinaro, giornalista crime e scrittrice che, insieme alla criminologa Roberta Bruzzone, ha scritto un libro in cui racconta l’omicidio di Giulia Tramontano, la 29enne al settimo mese di gravidanza uccisa dal compagno Alessandro Impagnatiello nella loro abitazione di Senago il 23 maggio del 2023. Nel volume - Narcisismo mortale. Il caso di Giulia Tramontano, edito da Mursia - le due esperte delineano il profilo psicopatologico del 31enne attraverso gli atti dell'inchiesta e le testimonianze processuali.
Nei prossimi giorni la corte d’Assise di Milano pronuncerà la sentenza a carico di Impagnatiello, accusato di omicidio pluriaggravato, occultamento di cadavere e interruzione dolosa di gravidanza. "Credo che si andrà verso l’ergastolo", dice Marinaro in una intervista a Il Giornale.
Laura Marinaro, perché ha deciso di raccontare la storia di Giulia Tramontano?
"L’idea è nata insieme alla dottoressa Roberta Bruzzone perché il profilo che si configura di Alessandro Impagnatiello dagli atti dell'inchiesta corrisponde perfettamente a quello di un narcisista overt da manuale. Dunque abbiamo ritenuto importante raccontare la storia della povera Giulia e del bimbo che portava in grembo, Thiago, in modo da fornire al lettore tutti gli strumenti necessari per imparare a riconoscere ed evitare un manipolatore. Tant'è che nel libro, oltre alla parte narrativa, in cui ricostruiamo l’intera vicenda riportando i verbali delle udienze processuali, vi sono una serie di consigli pratici. Il nostro obiettivo è quello di fare prevenzione, nella speranza che sempre più donne riescano a riconoscere i segnali di pericolo e salvarsi".
Come spiega il fatto che Giulia non sia mai accorta di essere in pericolo?
"Accade a molte donne, anche con un notevole background culturale ed economicamente indipendenti, di non riuscire a cogliere i cosiddetti campanelli d’allarme. Purtroppo Giulia si è trovata alle prese con un manipolatore di tipo maligno, il più difficile da riconoscere. Impagnatiello è un ‘campione’ della bugia. Era molto bravo a dissimulare ogni qualvolta che lei, ad esempio, gli chiedeva conto delle assenze o di altri comportamenti. E quando qualcuno le faceva notare l’ambiguità di quest'uomo, come si racconta nel libro attraverso le parole della sorella Chiara, Giulia non voleva saperne. Probabilmente il fatto che fosse incinta la rendeva più vulnerabile, meno razionale".
Quanto ha inciso la gravidanza nell'evento omicidiario?
"Tantissimo. Impagnatiello ha somministrato a Giulia il veleno per topi dal momento in cui ha saputo che era incinta. Dal punto di vista legale non lo si è potuto dimostrare perché, a livello chimico, i residui di topicida sono rintracciabili nel sangue fino a tre mesi prima del decesso. Di fatto, però, dai racconti di Giulia - quando diceva alla madre che l’acqua aveva 'un sapore amaro' o lamentava forti bruciori allo stomaco - e dalle ricerche in Rete fatte dall’ imputato, risulta verosimile l’ipotesi che abbia tentato di avvelenarla dall'inizio della gravidanza".
Riguardo all'avvelenamento, Impagnatiello ha detto di averlo fatto per “eliminare il feto” e non per uccidere Giulia. È una versione credibile?
"Sul fatto che Impagnatiello non volesse il figlio che Giulia portava in grembo non ci sono dubbi. Tant’è che quando sono stati in vacanza a Ibiza, alcune settimane prima dell'omicidio, la costringeva a fare trekking e lunghe camminate nella speranza che abortisse. Poi, quando si è reso conto che il suo piano era fallito, c’è stata una deflagrazione di rabbia nei confronti della compagna. In ogni caso è bene precisare che il bromadiolone, la sostanza che somministrava a Giulia nel sonno, se avesse sortito gli effetti sperati dall'imputato, avrebbe ucciso verosimilmente sia la madre che il bambino. Quindi, rispondendo alla sua domanda, la versione di Impagnatiello non è credibile. Anche perché Giulia è stata colpita con 37 coltellate, un numero indicativo del rancore covato a lungo da quest'uomo nei confronti della giovane compagna".
Secondo lei, quale è stato l'evento che ha scatenato la furia omicida di Impagnatiello?
“Impagnatiello non ha tollerato di essere stato smascherato da Giulia riguardo alla relazione parallela che aveva con l'altra donna, una giovane collega. E soprattutto non ha sopportato che le due avessero deciso di incontrarsi per un chiarimento pacifico davanti al bar dove lavorava, sotto gli occhi dei colleghi. Quando si è reso conto che il suo castello di bugie era crollato, ha perso totalmente il controllo. E le dirò di più, anche l’altra ragazza ha rischiato grosso".
Cosa intende dire?
"La sera dell'omicidio, dopo aver ucciso Giulia, Impagnatiello attese l’altra donna alla fermata dell'autobus, ignaro del fatto che quest'ultima fosse stata riaccompagnata a casa da un collega. La ragazza aveva fiutato il pericolo e quindi, quando lui si presentò davanti alla sua porta, non gli aprì. Probabilmente se lo avesse fatto entrare le cose si sarebbero messe male anche per lei. Mi viene da pensare che sia scampata al peggio".
A giorni ci sarà la sentenza. Cosa si aspetta?
"Credo che si andrà verso l’ergastolo. Impagnatiello non solo ha ucciso Giulia e ha provato a sopprimere il cadavere, prima di occultarlo, ma è accusato anche di procurato aborto volontario. E poi c’è l’aggravante della premeditazione sui cui non penso vi siano margini di dubbio".
Come Giulia Tramontano, tante altre donne sono morte per mano del partner o di un ex fidanzato. Secondo lei, si può fare prevenzione contro i femminicidi e in che modo?
"La prevenzione si fa con la cultura.
Bisogna parlarne in famiglia e a scuola. Occorre vaccinare le donne contro i manipolatori, fornendo loro tutti gli strumenti necessari per imparare a riconoscerli. E alle ragazze più giovani dico solo una cosa: al primo segnale di pericolo, scappate".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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