
Sì svolgerà nella mattinata di marcoledì 9 aprile l’incidente probatorio nelle nuove indagini su Andrea Sempio, indagato per l'omicidio di Chiara Poggi, la 26enne uccisa a Garlasco (Pavia) il 13 agosto del 2007 (per il delitto è stato condannato in via definitiva a 16 anni di carcere l’allora fidanzato Alberto Stasi). L'accertamento comprende analisi genetiche ad ampio raggio su una serie di reperti mai analizzati e la comparazione tra il materiale genetico trovato sotto le unghie della vittima con il dna del 37enne.
Secondo quanto si legge dalle conclusioni di una consulenza firmata dai periti nominati dalla procura di Pavia, i genetisti Carlo Previderè e Pierangela Grignani, datata il 5 febbraio del 2024 e depositata ai pm di Pavia, sui "numerosi reperti" consegnati ai carabinieri di Milano "sono emersi cinque differenti aplotipi maschili Y, riconducibili a cinque differenti linee maschili". Quattro di questi sono stati esclusi dai frammenti di unghie della vittima, mentre uno sarebbe "perfettamente sovrapponibile", precisano gli esperti, con il Dna di Andrea Sempio. "Il quantitativo di Dna recuperato verosimilmente dai margini ungueali di Chiara Poggi è davvero pochissimo. Quindi se è probabilmente attribuibile al signor Sempio, come sembrerebbe, non vuol dire necessariamente che tra i due ci sia stato un contatto diretto nei momenti antecedenti all'omicidio" spiega a Il Giornale la dottoressa Marina Baldi, biologa e genetista esperta in ambito forense, conosciuta per aver dato un contributo decisivo nelle indagini che hanno portato all’identificazione del killer della contessa Alberica Filo della Torre a trent’anni dal delitto.
Dottoressa Baldi, cos'è un aplotipo?
"L’aplotipo è un profilo cromosomico singolo. Noi abbiamo 46 cromosomi nelle nostre cellule, che sono a coppia, cioè uguali a due a due, dalla coppia 1 alla 22. E poi abbiamo i cromosomi sessuali, che per la femmina sono XX e per il maschio XY. Se andiamo ad analizzare il solo cromosoma Y, quel profilo si chiama aplotipo perché è singolo. Quindi un aplotipo Y è un profilo tipico del sesso maschile, che cioè si trova solo negli uomini".
Come si ricava?
"Si ottiene da un’analisi forense con l’estrazione del Dna. L’accertamento prevede l’amplificazione di quelle regioni specifiche e ipervariabili del cromosoma Y, che ci consentono di individuare la presenza di quel cromosoma corrispondente a un determinato profilo maschile".
In che modo si deposita il Dna di un individuo su un’altra persona?
"Sì può depositare in vario modo, ovvero tramite contatto diretto oppure con un intermedio. Per capirci, se due persone toccano lo stesso oggetto è possibile che avvenga un trasferimento di Dna da un individuo all'altro. Ovviamente dipende dal tipo di oggetto, dalla superficie e dal quantitativo di Dna rilasciato. Ma questo succede correntemente, anche quando tocchiamo la maniglia di una porta o di un autobus, ad esempio, ci carichiamo del Dna di altre persone".
È possibile stabilire da una traccia genetica se ci sia stato un contatto diretto o un trasferimento secondario?
"No. Però, in linea di massima, se il Dna è molto abbondante è possibile che si tratti di un contatto diretto, mentre se è scarso è probabile che si tratti di un contatto indiretto o molto vecchio nel tempo".
Si può datare un Dna?
"No, non è possibile".
Quanto tempo può resistere una traccia genetica su oggetto?
"Anche in questo caso la risposta è variabile. Su un oggetto, se esposto all'aria, può rimanere per decenni. Basti pensare che nel delitto dell’Olgiata il Dna dell'assassino è rimasto sul lenzuolo per 30 anni".
E su una persona?
"Vale lo stesso discorso. Bisogna tenere in considerazione una serie di variabili e abitudini personali".
Ci sono fattori ambientali che possono alterarlo?
"Certo. Ma per alterazione non significa che il Dna di un individuo si modifica, ma che può diminuire la quantità e quindi quella traccia non è più leggibile. Se il Dna c’è, appartiene sicuramente alla persona che lo ha lasciato. Tuttavia ci sono alcuni fattori che lo possono degradare, come l’umidità, il calore, la contaminazione batterica o da muffa eccetera".
Lei ha risolto uno dei cold case più enigmatici della cronaca nera italiana, il delitto dell'Olgiata. Quando il Dna diventa la prova regina di un delitto?
"Solitamente non viene considerata l’unica prova a carico di un ipotetico indagato, ma in un quadro più ampio di indagini, tenendo conto anche degli eventuali rapporti/contatti tra la vittima e il sospettato, può assumere un valore significativo. Sta di fatto che il Dna non è mai la fotografia di un delitto".
Riguardo al caso di Garlasco, da esperta genetista, che idea si è fatta?
"Io ritengo che la procura abbia altri elementi a disposizione.
Perché se la nuova inchiesta si basa sulle tracce di Dna maschile recuperate dai margini ungueali di Chiara, elemento che peraltro era stato già valutato all'epoca delle prime indagini sul signor Sempio, non credo si possa arrivare a nuove conclusioni".
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