"I rapimenti di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori furono un’abile operazione di distrazione di massa nell'ambito di un intrigo internazionale volto a distogliere l’attenzione dell'opinione pubblica dalla cosiddetta 'pista bulgara' nell'attentato al Papa". Lo dice a ilGiornale il giudice Ilario Martella, autore del libro-inchiesta Emanuela Orlandi. Intrigo Internazionale. La verità che nessuno ha ancora raccontato sul mistero più oscuro della storia italiana, edito da Ponte alle Grazie e pubblicato il 30 agosto scorso.
Magistrato in pensione, Martella è stato giudice istruttore della seconda inchiesta sull’attentato a Papa Giovanni Paolo Il (13 maggio 1981), che portò alla condanna all'ergastolo dell’esponente turco dei "lupi grigi" Mehmet Alì Ağca. Successivamente, dal 1985 al 1990, indagò sulla scomparsa di Emanuela Orlandi (22 giugno 1982) e Mirella Gregori (7 maggio 1983). "Le due ragazze furono sacrificate in nome di quella che si può definire Ragion di Stato", precisa riguardo ai due misteriosi cold case che sarebbero collegati all’episodio di Piazza San Pietro.
Giudice Martella, lei sostiene che i rapimenti di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori facciano parte di un unico "disegno criminale" cui sottende quello che in apertura del suo libro definisce "antefatto", ovvero l'attentato al Papa. Cosa l’ha convinta a ritenere che vi sia un collegamento tra le tre vicende?
"Parto col dire che il mio compito, prima da giudice istruttore della seconda inchiesta sull’attentato al Papa e poi del primo fascicolo d’indagine sulle scomparse di Mirella Gregori ed Emanuela Orlandi, è stato agevolato dalla inconsistenza di tutte le piste sino ad allora perseguite. E quindi il convincimento iniziale che io avevo, cioè che dietro la sparizione delle due ragazze ci fosse un'operazione spionistica di altissimo livello, negli anni ha trovato conferme".
Che tipo di conferme?
"Vi erano elementi di fatto, ma soprattutto di carattere documentale che, ancora oggi, mi autorizzano a ritenere che vi fosse un collegamento tra le tre vicende. Dopo l’attentato al Papa c’era stato un accertamento relativo agli eventuali complici di Ağca e, durante la mia istruttoria, sia sulla base delle dichiarazioni rese dal turco sia soprattutto dagli elementi di riscontro rilevati, ho potuto accettare che vi fosse un fondo di verità nelle primissime dichiarazioni rese da Ağca riguardo ai complici turchi e bulgari. Successivamente riuscii a fare arrestare il bulgaro Sergej Antonov, ritenendo che vi fossero elementi fortemente indizianti a suo carico. L’arresto di Antonov confermò l’ipotesi di un possibile coinvolgimento della Bulgaria nell'episodio di Piazza San Pietro, ovvero l’attentato al Pontefice".
Quando ha avuto la conferma che le sue intuizioni sulla cosiddetta "pista bulgara" erano fondate?
"Quando si è potuta acquisire la documentazione della Stasi. C’è un documento in particolare, risalente al febbraio 1983, in cui l’allora ministro degli Interni bulgaro contatta il capo della Stasi, Erich Mielke, e gli spiega che bisogna tutelare assolutamente Antonov. E per farlo bisogna porre in essere delle 'misure attive' che in particolare devono consistere nel distrarre l’opinione pubblica con una 'operazione di distrazione di massa'. Ed è in questo contesto che si inserisce il duplice rapimento di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori".
Lei prima citava la Stasi, il servizio segreto della Ddr. Che ruolo ha avuto in questa vicenda?
"All'epoca la Stasi era la principale organizzazione di spionaggio esistente, quindi era un punto di riferimento per tutti i paesi socialisti. Aveva la funzione estremamente garante di tutelare non solo la sicurezza della Germania dell'Est, ma di tutto il blocco sovietico. E quindi non poteva esserci riferimento migliore della Stasi per i bulgari che avevano chiesto 'aiuto' per evitare di essere coinvolti nell'attentato al Papa".
Nel contesto di questa operazione, che lei stesso definisce di "altissimo livello spionistico", a cosa servirono e da chi furono ingaggiati i telefonisti del caso Orlandi-Gregori?
"I vari telefonisti miravano a confondere l’opinione pubblica, a creare depistaggi, e avevano come direzione unica Berlino. Non a caso, quando Antonov fu assolto, i telefonisti sparirono improvvisamente. Perché, ormai, i bulgari avevano raggiunto il loro obiettivo".
E dunque a quale scopo i telefonisti proposero, a più riprese nei contatti con i familiari delle due ragazze scompare, uno scambio tra la scarcerazione di Ağca e la liberazione delle giovani?
"Ağca fu ingannato con la falsa prospettiva della scarcerazione. I bulgari lasciarono credere al turco che, qualora avesse ritrattato le sue iniziali dichiarazioni sui presunti complici, sarebbe stato scarcerato. Tuttavia a loro non interessava nulla di Ağca, ma solo che Antonov, rinviato a giudizio, fosse assolto. E ci riuscirono perché il bulgaro fu assolto per insufficienza di prove".
Ritornando alle due scomparse, perché furono scelte proprio Mirella ed Emanuela?
"Questo bisognerebbe chiederlo agli artefici del disegno criminale. Certo è che, nella documentazione Stasi, risulta che Mirella Gregori era stata 'prelevata' in considerazione della sua appartenenza scolastica all’istituto religioso padre Reginaldo Giuliani che la ragazza frequentava all'epoca. Un dettaglio, a parer mio, molto significativo. Tant’è che un
mese dopo, non riuscendo ad essere ascoltati, a loro dire, dalle autorità Vaticane, optarono per il sequestro di Emanuela Orlandi".
Secondo lei, la Banda della Magliana ha avuto un ruolo nei rapimenti?
"Nessun ruolo è stato provato nella vicenda della scomparsa di Emanuela Orlandi dato che vi è stato in merito un vizio di archiviazione da parte del Tribunale di Roma".
Nell’ultimo ventennio si è fatta strada l'ipotesi di una pista interna al Vaticano per il rapimento di Emanuela Orlandi. Ritiene che la Santa Sede possa aver avuto un ruolo in questa vicenda?
"I convincimenti possono essere tantissimi, ma servono delle prove fattuali a sostegno di una ipotesi. E in questo caso non ci sono riscontri relativi a un eventuale coinvolgimento della Santa Sede in questa vicenda. Potrebbe esserci un dossier in Vaticano sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, perché non credo che si siano disinteressati alla vicenda. Del resto fu Papa Wojtyla a parlare di 'terrorismo internazionale' a colloquio con i familiari della giovane scomparsa. Auspico che l’attuale pontefice, se convinto delle dichiarazioni rese da Papa Giovanni Paolo II, consegni degli elementi a suffragio di quelle dichiarazioni".
Che ne è stato delle due ragazze?
"È brutale dirlo, ma credo siano state sacrificate in nome di un disegno criminale che mirava a fare spegnere i riflettori sulla pista bulgara' nell'attentato al Papa. Ovviamente, trattandosi di ostaggi, i sequestratori non hanno potuto liberarle a compimento del piano, dal momento che le giovani avrebbero potuto svelare l’intrigo".
Lo scorso maggio, Alì Ağca ha chiesto di poter essere ascoltato dalla Commissione parlamentare di inchiesta, promettendo di raccontare tutto ciò di cui sarebbe a conoscenza sul rapimento di Emanuela Orlandi. Secondo lei, l’eventuale testimonianza potrebbe essere risolutiva del cold case?
"Sentire Ağca sarebbe un errore gravissimo, poiché ritengo che la sua testimonianza non possa essere attendibile. Poi, chiaramente, l’ultima parola spetta alla Commissione".
A parer suo, dopo quanta t’anni, si può ancora arrivare a una "verità riconosciuta" sui Emanuela Orlandi e Mirella Gregori?
"Non so se dopo quarant’anni si potrà arrivare a una 'verità riconosciuta' sulla scomparsa delle due ragazze.
Posso solo dirle che esistono, ribadisco, dei documenti della Stasi che fanno riferimento a un 'operazione di distrazione di massa' riguardo ai sequestri di Mirella Gregori ed Emanuela Orlandi nell'ambito di un'operazione di altissimo livello spionistico. Questo è il mio convincimento".
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