Pomigliano, il clochard pestato a morte e i video choc delle violenze. "Io sono bravo"

Sono in carcere i due ragazzini che hanno massacrato di botte il senzatetto ghanese Frederick Akwasi Adofo. Sul web i video delle violenze

Pomigliano, il clochard pestato a morte e i video choc delle violenze. "Io sono bravo"
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La vicenda di Frederick Akwasi Adofo, il clochard che ha perso la vita dopo essere stato pestato a morte da due ragazzini, ha sconvolto tutto il Paese. In queste ore stanno girando in rete alcuni filmati che mostrano le violenze commesse dalla coppia di minorenni contro l'uomo indifeso.

I video dell'orrore

Frederick, ghanese di 43 anni, è morto nella notte tra domenica 18 e lunedì 19 giugno dopo essere stato letteralmente massacrato di botte. Una violenza totalmente ingiustificata. Nei filmati finiti sui social, scambiati forse per ottenere qualche like, si evince come il 43enne fosse ormai finito nel mirino dei suoi aguzzini. In un primo girato si vede uno dei ragazzi avvicinarsi di soppiatto al clochard, che sta riposando. Di punto in bianco il giovane comincia a percuoterlo con violenza con un oggetto non identificabile. Frederick alla fine riesce a divincolarsi e a mettersi in salvo, mentre il ragazzo che sta registrando dice qualcosa al suo compagno e scoppia a ridere.

In un altro video, pubblicato da Repubblica.it, invece Frederick seduto a terra che tenta di allontanare i ragazzi. Questi però si accaniscono su di lui, con ripetuti colpi alla testa e alle spalle. Altro filmato: in questo caso viene ripreso uno dei ragazzi mentre effettua delle evoluzioni in bicicletta. Infine c'è l'ultimo video, quello in cui è possibile ascoltare le parole del 43enne prima del pestaggio mortale. "Come ti chiami?", gli chiedono due ragazzi fra una risata e l'altra. "Non mi piace", sembra dire Frederick. "Perché io sono bravo". Un attimo, e gli aguzzini sono addosso a lui, per riprendere a colpirlo. È l'ultima aggressione, poi la morte.

Una violenza senza motivo

Quanto accaduto a Pomigliano d'Arco (Napoli) ha lasciato l'Italia sotto choc. Perché una simile violenza? Premesso che simili comportamenti sono sempre da condannare, Frederick non sembra aver fatto nulla per scatenare la furia dei ragazzi. Le immagini delle videocamere di sorveglianza presenti in zona sono ancora al vaglio degli inquirenti, che intendono vederci chiaro. Sembra che il 43enne e i ragazzi si fossero scambiati il cinque, prima che partisse l'aggressione. Dopo essere stato letteralmente massacrato di botte, Frederick ha trovato riparo in un cortile e lì si è accasciato, agonizzante. Inutili i soccorsi: trasportato in codice rosso all'ospedale di Nola ha perso la vita poche ore dopo il pestaggio subito.

aggressione Pomigliano

Chi sono gli aggressori

I responsabili delle violenze e della morte di Frederick Akwasi Adofo sono due ragazzini di soli 16 anni. Poco prima della cattura da parte dei carabinieri, uno dei minori aveva caricato sui social il suo ultimo video, in cui si mostrava con passamontagna e volto nascosto da sciarpe e cappelli, sulle note di una musica trap. Uno dei ragazzi, inoltre, era già noto alle forze dell'ordine. Tempo fa, infatti, era stato indagato per la manomissione del sistema di videosorveglianza del Comune di Pomigliano d'Arco.

Nessuno dei due appartiene a famiglie collegate alla criminalità locale, eppure entrambi hanno manifestato un temperamento violento. Secondo quanto riferito sino ad ora, i due provengono comunque da condizioni difficili e frequentano di rado la scuola. Uno è nato a Napoli ed è figlio di incensurati, mentre l'altro è figlio di una coppia di romeni integrati da tempo. Mentre le indagini proseguono, i 16enni sono stati arrestati e reclusi carcere minorile di Nisida. Da parte loro nessuna confessione, anzi.

La versione dei ragazzi

Accusati di omicidio volontario aggravato dai futili motivi e dalla crudeltà, i due minorenni non hanno confessato. Parlando con gli inquirenti, i ragazzi hanno affermato di aver agito dopo essere stati provocati.

Sarebbero venuti alle mani dopo un acceso litigio. Il giudice, però, non ha creduto alle loro parole, confermando la misura cautelare. Le indagini proseguono anche perché si teme che i due possano far parte di una baby gang.

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