L'omicidio della Milano da bere: così Terry Broome uccise il rampollo

Nel 1984 la modella Usa uccise Francesco D'Alessio: la sua è una storia di abusi, violenza e redenzione in una delle epoche più felici per l'Italia

Screen "Cronache criminali"
Screen "Cronache criminali"

La storia dell’omicidio commesso dalla modella Terry Broome è una di quelle vicende di cronaca che restano, per chi c’era, sopite nell’immaginario collettivo. Alla fine del 2022 è tornata in auge per via di un episodio della trasmissione Cronache criminali, di cui sono autrici Flavia Triggiani e Marina Loi, e la produzione di Verve Media Company e Rai Approfondimento. La vicenda è molto affascinante, perché raccoglie in sé la nostalgia degli anni ’80, quel mondo patinato che Bret Easton Ellis svelò come tutt’altro che fatato, umanità che si incontrano e si scontrano sotto l’abuso di droghe, un lutto per una famiglia ma anche la riabilitazione carceraria per chi fu riconosciuta come colpevole.

“Gli anni ’80 - chiarisce a IlGiornale.it Triggiani - segnano l'inizio di una rinascita dopo le lotte politiche e il terrorismo rosso che avevano caratterizzato il decennio precedente. Mi piace dire che Milano stava 'riaccendendo i motori’. E in questa ripartenza la moda faceva da volano per la ripresa economica e sociale, non solo della città meneghina, ma per l'intero Paese. Parallelamente, negli ambienti del jet set milanese, si creò un sottobosco dove il divertimento veniva spesso associato al consumo di droghe e alcol. Nel contesto di quella mondanità fatta di eccessi e sregolatezza si inserì il caso di Terry Broome”.

L’omicidio

La notte del 26 giugno 1984 Terry Broome, modella 26enne originaria del South Carolina, uccise con tre colpi di pistola il 40enne Francesco D’Alessio, figlio di un noto avvocato e proprietario di scuderie. La sera precedente si erano incontrati in una discoteca-epicentro della Milano da bere, il Nepentha. D’Alessio, dopo un primo approccio rifiutato dalla donna, si sarebbe avvicinato al tavolo della modella, in quel momento con il proprio fidanzato, la sorella Donna e il fidanzato di lei, e avrebbe affermato pubblicamente che Broome avrebbe partecipato a un’orgia di 6 persone durante una festa nella casa del finanziere Claudio Cabassi.

Broome era all’epoca impegnata sentimentalmente con Giorgio Rotti, un gioielliere con cui entrò in contrasto a causa di quelle dichiarazioni la stessa notte. I due rientrarono infatti al residence in cui viveva la modella e litigarono: Rotti decise di lasciarla e si riprese l’anello di fidanzamento.

Nella notte Broome, rimasta sola, iniziò a bere e ad assumere cocaina, girovagando per la sua abitazione. Trovò una pistola - una Smith & Wesson .38 Special - di proprietà di Rotti, regolarmente registrata come accade a chi fa un mestiere connesso con oggetti di valore come appunto i gioiellieri, e si recò in un appartamento di Cabassi in cui era certa di trovare D’Alessio.

Questi era in compagnia di una modella, Laura Marie Roiko, ma si appartò con Terry Broome credendo che avesse cambiato idea, che volesse avere un rapporto sessuale con lui. Broome però tirò fuori invece la pistola ed esplose due colpi dapprima in aria, per poi essere attaccata da D’Alessio che cercò di fermarla: fu a quel punto che esplosero i tre colpi letali, uno colpì l'uomo all’addome e uno alla testa. La modella uscì dalla stanza e dapprima consolò Roiko, che si era molto spaventata, e poi fuggì a Zurigo con l’aiuto dell’ex Rotti. Quest’ultimo, quando venne ascoltato dagli inquirenti, disse dove si trovava Broome, che quindi fu arrestata e tradotta in Italia.

Chi era Terry Broome

Broome era una giovane modella giunta in Italia anni prima con l’“esercito” di coetanee aspiranti mannequin giunte dagli Stati Uniti. Una volta nel Belpaese venne quasi travolta dall’edonismo reaganiano che si respirava nella nazione e soprattutto nella sua capitale economica dell’epoca, Milano. Ma insieme alla vita patinata arrivarono le droghe, nello specifico la cocaina, quasi uno status symbol in quel momento storico: consumarla significava che si era arrivati al top.

Su di lei però pesava un passato di abusi. Il padre di Broome, un reduce della guerra in Vietnam, era un alcolista violento. In più la giovane era stata vittima di uno stupro di gruppo a 16 anni: la madre ha sempre negato che quest’orrore fosse avvenuto, mentre il padre le disse che se l’era meritato.

Flavia Triggiani e Marina Loi
Flavia Triggiani e Marina Loi (ph. Riccardo Riande per concessione di Triggiani)

"Terry Broome - racconta Triggiani - aveva un passato molto drammatico ed era una donna con un'evidente fragilità emotiva. La sua vita era punteggiata da una serie di sofferenze, su tutte, lo stupro di gruppo che aveva subito quando era ancora adolescente. La notte del delitto aveva abusato di droghe e alcol, per cui la sua mente era annebbiata. Non era in sé e, purtroppo, durante un'accesa discussione con Francesco D'Alessio, partirono dei colpi di pistola che uccisero il 40enne”.

La vicenda giudiziaria

Nel 1986 quello a Terry Broome fu ritenuto “il processo dell’anno”. “Attorno a questa vicenda - aggiunge Triggiani - si sviluppò un interesse mediatico che oserei definire morboso. Del resto era il riflesso distorto della Milano di quegli anni, fatta di eccessi e mondanità. Era un ‘mix esplosivo’ di ingredienti di cui, fino a quel momento, si conosceva ben poco. Possiamo dire che il caso di Terry Broome squarciò il velo su ciò che avveniva in alcuni ambienti dell'alta imprenditoria milanese”.

La modella apparve durante le udienze serena e struccata, dando di sé un’immagine che colpì positivamente l’opinione pubblica. Ma c’era una persona morta, una famiglia in lutto per Francesco D’Alessio. C'era un reato. E sebbene le perizie attestarono che Terry Broome fosse semi-inferma di mente, a causa dell’assunzione di alcol e cocaina, fu comunque condannata a 15 anni di carcere per l’omicidio di D’Alessio, poi ridotti in appello a 12 anni e mezzo.

Nonostante in seguito avrebbe forse percepito la propria detenzione come effettivamente riabilitativa - fu molto sollevata, avrebbe detto al suo legale, di non essere stata giudicata negli Usa, dove per questo tipo di reati c’era la pena di morte - Broome tentò due volte il suicidio nel carcere di San Vittore e poi in quello di Pavia. Nel 1989 la modella tornò in semilibertà, e fu scarcerata nel 1992, l’anno che cambiò completamente l’Italia. Tornò negli States, lasciandosi definitivamente il passato alle spalle.

“Terry Broome - conclude la regista - era perseguitata da Francesco D'Alessio che, per utilizzare un

termine più attuale, le faceva stalking. Probabilmente, con gli strumenti di denuncia che ci sono adesso, non avrebbe pensato di 'farsi giustizia' da sola e, forse, questa tragica vicenda avrebbe avuto un epilogo diverso”.

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