Addio. O forse arrivederci. È un giallo l’ultimo messaggio sul gruppo whatsapp della squadra di Julia Ituma, prima di buttarsi dalla finestra del sesto piano dell’albergo di Istanbul adiacente al palazzetto dello sport in cui la sua squadra, l’Igor Gorgonzola Novara, aveva poche ore era stata eliminata nella semifinale di ritorno di Coppa Cev, la Champions League del volley, dall’Eczacibasi. Secondo il quotidiano Hurriyet, uno dei più diffusi in Turchia, la ragazza avrebbe scritto prima di morire un commiato social alle amiche. Ma la società smentisce. Di certo la ragazza avrebbe più volte ammesso, in quella lunghissima notte, di non sentirsi bene. Una frase che vuol dir tutto e non vuol dire nulla.
Certezze non ce ne sono, ma tutto congiura in direzione dell’ipotesi più dolorosa. Che Julia detta «Titu» dagli amici, 18 anni e un futuro da «nuova Egonu», in quella notte interminabile si sia tolta la vita. Le immagini diffuse giovedì e girate dalle telecamere a circuito chiuso dell’hotel mostrano la ragazza visibilmente avvilita accucciarsi sul pavimento del corridoio, davanti alla sua stanza, con la testa tra le mani. Dopo quei frame, collocabili attorno alle 22,30, la ragazza sarebbe entrata in camera e avrebbe parlato a lungo con la compagna di stanza Lucia Varela Gomez che alla fine, all’1,30, sfinita sarebbe andata a dormire, lasciando Julia in compagnia dei suoi fantasmi. In precedenza la ragazza aveva avuto una telefonata piuttosto drammatica con un compagno del suo liceo privato di Novara, che era rimasto molto scosso da quella conversazione, al punto da pensare subito al peggio quando, dopo un po’ aveva inutilmente provato a richiamare Julia. E da cercare di mettersi in contatto con alcune delle compagne di Julia per essere rassicurato e per chieder loro di badare alla sua amica.
Un messaggio in una bottiglia che ha galleggiato a lungo senza una mano che la prendesse.
Le destinatarie hanno letto il messaggio la mattina dopo, quando il corpo di Julia era stato già ritrovato da alcuni passanti in un cortile secondario dell’albergo, con accanto le sue scarpe.
Ieri è stata eseguita presso l’istituto di medicina legale di Istanbul l’autopsia sul corpo della pallavolista. Ci vorrà qualche giorno per conoscere l’esito degli esami, che dovranno anche essere tradotti in italiano.
Ieri hanno fatto ritorno in Italia la madre Elizabeth Ituma e la sorella Helen, giunte in Turchia subito dopo aver ricevuto la terribile notizia. Sullo stesso volo anche il direttore generale dell’Igor Gorgonzola Novara Enrico Marchioni e Federica Malgrati, il medico aggregato allo staff tecnico della squadra piemontese, che si erano trattenuti per fornire supporto alle indagini della polizia turca. Per la salma di Julia ci vorrà ancora qualche ora e il via libera delle autorità locali. Poi in Italia si terranno i funerali, probabilmente a Milano, dove vive la famiglia della ragazza.
Quello che è accaduto nella mente e nel cuore di Julia in quelle ore è un mistero. Perché una ragazza giovanissima, apparentemente serena, destinata come dicono tutti nell’ambiente del volley ad avere una grande carriera, certamente a vincere scudetti e coppe e a indossare la maglia della nazionale, decida di farla finita senza lasciare traccia della sua infelicità è davvero inspiegabile. La sua squadra, il Novara, è chiusa in un silenzio rispettoso e ieri si è limitata a chiedere (e a ottenere) il rinvio della partita di campionato contro il Chieri prevista per domenica. Ieri la squadra non si è allenata, le compagne di Julia, le «igorine» come sono affettuosamente chiamate, sono comprensibilmente scosse.
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