Addio di Totti alla Roma, il tributo di Carlo Verdone: "Piangerò senza tristezza"

Il regista romano e tifoso giallorosso Carlo Verdone racconta il suo Capitano e si prepara al suo addio alla Roma di domenica: "È stato un viaggio meraviglioso"

Addio di Totti alla Roma, il tributo di Carlo Verdone: "Piangerò senza tristezza"

"In una città in cui gli autobus non passano mai in orario, il manto stradale è scassato da buche micidiali, dove ogni servizio ha in serbo un disagio collaterale da offrirti, Totti è l'unica cosa che a Roma ha sempre funzionato alla perfezione, o quasi".

Carlo Verdone, intervistato dall'Huffington Post, ripercorre il mito del "Capitano, da tifoso a idolo della "sua" Roma. E lo fa partendo dagli esordi: "Mi ricordo il quattro settembre del 1994, quando Carletto Mazzone decise di schierarlo in campo dal primo minuto al posto di Balbo. Giocavamo contro il Foggia di Zeman - spiega il regista- Era la prima partita del campionato. Lui indossava la maglia numero nove e non aveva ancora compiuto diciotto anni. I tifosi romanisti, che sono i tifosi più difficili del mondo, sempre un po' criticoni e scoglionati, tendenti alla diffidenza, non credevano che 'sto ragazzino potesse fare chissà che. E invece, Thern mise una palla in area, Fonseca fece una sponda di testa e sbam: Totti di sinistro la infilò violentemente in rete, scacciando qualsiasi dubbio sul suo talento".

Dopo 22 anni e 8 mesi di carriera, 750 partite, 306 gol, 1 scudetto e 2 coppe Italia, domenica il campione del mondo giocherà la sua ultima partita con la maglia giallorossa. Romano di nascita e per scelta, Totti dirà addio alla sua squadra del cuore e alla tifoseria per la quale ormai è diventato una sorta di divinità. "Quando lo vedrò salutare il pubblico dell'Olimpico, piangerò senza tristezza - ha raccontato Verdone - Provo una grande riconoscenza per quest'uomo che mi ha riportato allo stadio, ha fatto innamorare del calcio mio figlio e ha scandito il tempo della mia paternità. Nella felicità delle vittorie e nello sconforto delle sconfitte: è stato un viaggio meraviglioso".

Verdone ha ripercorso il percorso di crescita del calciatore, gli allenatori bravi e mediocri che ha avuto, la decisione di restare fedele alla "sua" Roma, rifiutando tutte le offerte allettanti di club come il Milan e il Real Madrid. "Avrebbe potuto guadagnare molto più di quanto ha guadagnato, vincere tutto ciò che un calciatore desidera vincere, diventare con facilità una gloria del calcio mondiale - ha ricordato il regista romano - Invece, ha scelto Roma e la Roma. E in questa squadra è riuscito a farsi riconoscere universalmente come un talento purissimo, uno dei migliori che abbiano mai giocato a calcio".

"Il calcio moderno funziona al contrario di come l'ha interpretato Totti: il calciatore va dove gli offrono di più, se ne frega delle appartenenze e dei sentimenti - ha aggiunto - Lui no. È l'ultimo calciatore che non ha avuto paura di avere un cuore e non si è fatto scegliere dal denaro".

Una scelta che l'ha fatto diventare un idolo, un simbolo di Roma, dentro e fuori Roma. "Ci sono dei momenti in cui Totti ricorda l'Alberto Sordi giovane: alcuni tratti del viso, quell'aria un po' sorniona e strafottente, tipica del romano - racconta Verdone - Credo che questo abbia contribuito a far di di Totti un'incarnazione della romanità moderna, un'icona a cui aspirare. Ogni volta che ha cambiato taglio di capelli, i romanisti sono corsi ad adattare al suo anche quello dei loro figli".

Un tributo al Pupone che non si può esimere dal ricordre i suoi gol più belli. "Eravamo ai rigori, nella semifinale dell'Europeo contro l'Olanda. Quando arriva il suo turno, Totti prende la palla e si dirige verso Van der Sar con la stessa faccia che ha Clint Eastwood ne "Il buono, il brutto e il cattivo" prima della sparatoria che regolerà i conti una volta per tutte. Gli mancava solo il sigaro in bocca -scherza il regist - Sistema la palla sul dischetto. Guarda il portiere. Ha il destino della nazionale in mano e un intero paese che lo guarda, pronto, se sbaglia, a massacrarlo. E lui che fa? Si avventa sulla palla e, anziché colpirla con tutta la forza che ha, la tocca morbidamente sotto. Sembra un tiro moscio, che andrà sopra la traversa. Invece, la palla lentamente scende alla sinistra del portiere, che, beffato, la guarda cadere in rete come un fiocco di neve.

Solo dopo capiamo che ha fatto il cucchiaio, un colpo che al massimo si prova in allenamento per scherzarci su. Per farlo in una partita del genere, devi avere una sicurezza di non sbagliare che solo a pochi è concesso avere. È un dono della natura, certo: ma Totti non ha solo quello".

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