L'Europa si è riscoperta “affamata” di vaccini, dopo i tagli che hanno interessato alcune aziende farmaceutiche che con Bruxelles avevano chiuso i primi contratti, e oggi è “costretta” ad aprire al vaccino Sputnik V.
Quest'ultimo è quello scoperto e prodotto in Russia. Additato, soprattutto dopo gli annunci di Mosca circa l'avvio delle sperimentazioni, come mero mezzo di propaganda del Cremlino e considerato il più delle volte "poco affidabile", da qualche giorno a questa parte nel Vecchio Continente la situazione sembra essere cambiata. Lo si può vedere ad esempio nelle recenti dichiarazioni del mondo politico – scientifico in Italia. Il ministro della Salute Roberto Speranza ad esempio, ha aperto alla possibilità di importare nel nostro Paese le dosi del vaccino russo: “Non dobbiamo avere timori delle origini dei vaccini, quello che per noi è importante è il passaggio Ema”, ha affermato il titolare del dicastero.
“Sarà importante trovare altre dosi sul mercato anche con altri vaccini nel mondo – gli ha fatto eco il suo vice, Pierpaolo Sileri – Sputnik, ma anche quello cinese, l'importante è che abbiano le autorizzazioni”. Il principio enunciato dai due esponenti del governo uscente è chiaro: se l'Ema, ossia l'agenzia europea per il farmaco, certifica che i vaccini sono sicuri possono circolare anche in Italia.
La domanda è un'altra: perché soltanto adesso si è arrivati a questa apertura? Sono diversi gli studiosi che negli ultimi giorni si sono posti lo stesso problema: “Non aprire al vaccino russo, in un momento come questo, è da dementi”, ha dichiarato all'Agi senza mezzi termini il primario del reparto malattie infettive del San Martino di Genova, Matteo Bassetti.
Secondo il virologo, in questa fase occorre andare sul mercato e puntare su tutti quei vaccini che hanno dato prova di essere molto efficienti. Anche Massimo Galli, infettivologo del Sacco di Milano, è apparso sulla stessa linea: “I risultati pubblicati sul The Lancet – ha dichiarato – Sono molto incoraggianti”. Sulla prestigiosa rivista medica, lo Sputnik V è risultato avere un'efficacia del 91.6%. Soprattutto, sempre secondo i dati pubblicati, il vaccino risulta essere efficace all'87% dei casi già dopo la prima dose.
“Guardiamo quindi con grande attenzione all'ipotesi dell'inserimento del vaccino russo nella rosa dei vaccini che potranno essere somministrati”, ha dichiarato sull'AdnKronos l'immunologo Mauro Minelli. Secondo lo studioso, il vaccino russo ha tre motivi che lo rendono particolarmente vantaggioso: “Il primo – si legge nella sua intervista – è quello dell'indiscutibile tollerabilità, l'altro elemento è il costo molto competitivo rispetto agli altri vaccini prodotti e poi la conservabilità del vaccino, che non ha bisogno di molte attenzioni e può essere trasportato”.
Il mondo scientifico dunque non sembra più avere dubbi: lo Sputnik V non solo è utilizzabile ma potrebbe rappresentare un potente alleato per velocizzare la campagna di vaccinazione, tanto in Italia quanto nel resto d'Europa.
“Io credo – ha spiegato a SkyTg24 il presidente del Consiglio Superiore di Sanità, Franco Locatelli – che ci dobbiamo accostare a ogni vaccino con un atteggiamento che definirei laico, cioè valutare quello che è il profilo di sicurezza ed efficacia attraverso analisi rigorose, come quelle che garantiscono l'autorità regolatoria europea e quella italiana, e fare valutazioni sulle pubblicazioni scientifiche che verranno a essere prodotte”.
Valutazioni dunque che, molto probabilmente, fino alla penuria di dosi riscontrata negli ultimi giorni non erano state poi così scientifiche.
Prima della pubblicazione su Lancet degli studi sul vaccino russo, l'idea di ordinare delle dosi a Mosca non era minimamente presa in considerazione dalla politica. Una sorta di cortina di ferro vaccinale, caduta soltanto alla prova di due insindacabili evidenze: Sputnik V funziona e l'Ue ha l'assoluta necessità di ridimensionare le falle dei suoi piani vaccinali.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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