All’esame per avvocato ​ci va con il walkie talkie

Scoperte a Padova una aspirante avvocato e sua madre durante l'esame di stato. Sequestrati due walkie talkie, pc e tablet. Il pm invia una indagine

All’esame per avvocato  ​ci va con il walkie talkie

Hanno provato ad aggirare le regole. E visto che internet e cellulare durante la prova per l'esame di stato da avvocato non funziona, hanno ben pensato di ricorrere a vecchi metodi del passato. E di rispolverare quei walkie talkie che si usavano spesso in passato.

È successo tutto al padiglione 7 della Fiera di Padova. Due giorni fa si sono presentati per la prima prova scritta di diritto privato ben 1. 224 aspiranti. I commissari sin dalle 11, come racconta Il Mattino di Padova, erano stati avvertiti dal tecnico di sala del fatto che un rilevatore aveva captato delle onde radio e che era stato possibile anche sentire la voce di due donne che parlavano. Ovviamente, è vietato dal regolamento dell'esame di stato dotarsi di sistemi elettronici per superare la prova. Ma la 37enne aspirante avvocato voleva passare a tutti i costi quello scoglio forse eccessivamente alto per lei.

Realizzando i dovuti controlli, due agenti della Guardia di Finanza hanno notato una donna al di fuori del padiglione, insieme ad altri genitori che attendevano la conclusione della prova, intenta a usare una ricetrasmittente. La signora ha ammesso subito di essere parente di una delle candidate, ma non voleva rivelare di chi. È stato il pubblico ministero Giorgio Falcone ad autorizzare i finanzieri a perquisire la donna, a cui sono stati trovati un cellulare, un tablet e un pc. Grazie ad alcune mail sono riusciti a risalire all'identità della figlia. Solo alle 13.30 i commissari hanno trovato la candidata che non si trovava al suo posto. Nella successiva perquisizione è stata trovato un walkie talkie gemello, 4 piccoli registratori, un pc portatil e un commentario camuffato da codice.

Le due donne sono state denunciate. Il pm ha aperto subito una inchiesta.

L'ipotesi di reato, scrive il Mattino, è quella di "violazione dell’articolo 1 della legge 475 del 1925 che punisce chi 'in esami... per l’esercizio di una professione... presenta lavori che siano opera di altri'. La sanzione prevista va da tre mesi a un anno di carcere".

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