"Appesa a un filo sulla montagna. Così l'elisoccorso mi ha salvata"

Attaccata al cavo della ferrata per quaranta minuti e alla fine salvata dall’elisoccorso. È quanto mi è accaduto giovedì mentre stavo affrontando la via Ferrata Monte Albano “Ottorino Marangoni” a Mori, Trento

"Appesa a un filo sulla montagna. Così l'elisoccorso mi ha salvata"

Attaccata al cavo della ferrata per quaranta minuti e alla fine salvata dall’elisoccorso. È quanto mi è accaduto giovedì mentre stavo affrontando la via Ferrata Monte Albano “Ottorino Marangoni” a Mori, Trento. Una ferrata moderatamente difficile: dunque non proprio una passeggiata. Tutto è iniziato quando ho avvertito un forte crampo alla gamba, talmente intenso che ho perso l’equilibrio rimanendo sospesa lungo la parete attaccata, fortunatamente, al kit da ferrata. Ho cercato immediatamente di aggrapparmi alle rocce e rimettermi in piedi. Dopo qualche minuto il dolore è passato e non potevo fare altro che proseguire insieme al mio fidanzato. Non potevo però immaginare quanto mi sarebbe accaduto da lì a poco. Ho raggiunto infatti una parete molto più esposta rispetto alle altre dove il dolore di prima si è fatto più intenso che mai costringendomi a rimanere immobile in bilico sulle rocce ancorata per una seconda volta al cavo della ferrata (si è scoperto poi che ero in preda ad un attacco acuto di sciatalgia). Il kit reggeva ma se fossi scivolata sarebbe stato inevitabile l’impatto contro la parete rocciosa. Dopo qualche tentennamento il mio fidanzato ha chiamato i soccorsi: eravamo tutti indecisi se allertare il Soccorso Alpino o l’elisoccorso.

Passano così quaranta minuti di puro terrore in preda a dolori lancinanti mentre le gambe e le braccia iniziavano a cedermi. Finalmente vediamo in lontananza l’elicottero che dopo una breve perlustrazione si allontana. Inizio quindi ad agitarmi e a non capire quanto stava accadendo. Dopo qualche minuto rivediamo l’elisoccorso che cala un soccorritore in un punto più lontano da dove eravamo noi. In quel momento abbiamo iniziato a capire che ci trovavamo in una brutta posizione. Il soccorritore, insieme ad altri arrivati poco dopo, ci ha poi confermato che in quel punto l’elicottero non si sarebbe potuto avvicinare e le pale avrebbero potuto urtare la parete rocciosa causando una vera e propria strage. Le possibilità erano due: calarmi lungo quella parete con tutti i rischi del caso o farmi proseguire la ferrata finché non avrei raggiunto un punto accessibile all’elicottero. È stata scelta la seconda opzione. Il dolore era però troppo intenso e l’unico modo per farmi proseguire quel tratto di ferrata era iniettarmi in vena un medicinale a base di morfina. Qualche minuto per prendere la vena, sospesi tutti e in bilico, ma alla fine grazie alla bravura del medico e dei soccorritori, il medicinale mi è stato somministrato. Dopo un malore iniziale causato dalla morfina è ricominciata la ferrata che è diventata un terno al lotto. Dopo un quarto d’ora siamo riusciti a raggiungere una parete ancor più esposta ma accessibile all’elisoccorso che attraverso un cavo ci ha caricati, dopo un volo sospesi in aria, a bordo del velivolo per raggiungere così l’ospedale di Trento. Una volta su, la squadra di soccorso ha tirato un sospiro di sollievo affermando che il salvataggio, a causa del punto nel quale ci trovavamo, era stato davvero complesso e stressante.

Non posso fare altro che ringraziare i soccorritori che ogni giorno affrontano situazioni di estremo pericolo per salvare la vita altrui, mettendo il più delle volte in pericolo la loro. Soccorritori sì, ma anche un po’ angeli.

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