Ci sono storie che sembrano uscite dalla sceneggiatura di un film come quella di Simona, 30 anni, e che nonostante fra qualche settimana diventerà mamma di un maschietto, vive dentro una sala slot di un bar notturno a Torino. Ogni sera aspetta che il locale chiuda per poter dormire, riposare un po’.
Non le mette paura la gente perché ha conosciuto di peggio fra compagnie e uomini sbagliati. Sono due mesi che “vive” li perché non ha un posto dove andare, per dormire e lavarsi o semplicemente riposare, cosa che nelle sue condizioni dovrebbe fare.
Ha una sorella che però non vuole saperne niente di lei. Il padre invece vive lontano. Non ha nessuno Simona, se non la sua forza d’animo e quella nuova vita che ora tiene in grembo.
Da mesi mangia solo porcherie e non ha un letto sul quale sdraiarsi e riposare. Molti clienti del locale, mossi a compassione dalla sua situazione le offrono toast, bicchieri di latte e non si capacitano di come il Comune o qualche rappresentante della Chiesa possano lasciare così sola a se stessa questa povera ragazza.
Simona è andata in ospedale solo una volta, nessun altro controllo. Ha paura di andare anche a partorire, certa che questo figlio, l’unica cosa che ha al mondo, glielo toglieranno. Non avendo casa e un lavoro, tantomeno un marito è certa che non la riterranno consona a tenere il suo bambino.
Ma c’è da dire che Simona non è alla sua prima gravidanza, ha avuto già un altro figlio che le è stato tolto. Un figlio per cui ancora oggi non si da pace.
La mattina alle sette, dopo colazione Simona lascia il locale e passa la giornata su gli autobus, anche li cerca di rubare un posto sicuro per dormire, riposare. Per lavarsi va alle docce pubbliche di via Genova a Torino. La sua unica ricchezza è una piccola valigia che mette sempre sul retro del bar.
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