Attenti all’arte pericolosa

Per interagire con alcune opere, per ragioni di sicurezza, i visitatori sono obbligati a firmare una liberatoria

Attenti all’arte pericolosa

Il passatempo più sicuro e rilassante? Ammirare una mostra d’arte. Almeno fino a ieri. Perché oggi le cose sono cambiate. Tutto colpa o merito (dipende dai punti di vista) di certe opere che mettono potenzialmente a repentaglio la salute del visitatore. Testate, storte, contusioni, svenimenti: questo ed altro si rischia con certi capolavori moderni. Qualche settimana fa a Milano, contemporanea in tre prestigiose sedi (Palazzo Reale, Triennale e Museo del Novecento), sono state esposte più installazioni che imponevano ai visitatori che volevano viverle a pieno la firma di apposite «liberatorie». Sì, proprio le stesse liberatorie che di solito si firmano quando si decide di fare bungee jumping da un ponte o altre imprese spericolate dello stesso genere. Ma cosa c’è di tanto prezioso nel guardare un’opera d’arte? Apparentemente nulla. Ma se l’opera in questione è un «Ambiente a shock luminosi» di Gianni Alcesti o un «Ambiente stroboscopico» di Davide Boriani, oppure un «Ambiente-strutturazione a parametri virtuali» di Gabrile De Vecchi le cose cambiano. Parliamo infatti di percorsi fatti di fili, specchi, luci, scale che - complice un gioco di volute alterazioni ottiche - possono far ritrovare il visitatore direttamente dalla mostra all’ospedale. Esagerazioni? Forse. Fatto sta che i curatori delle mostre sono diventati sempre più prudenti per evitare lo spauracchio di eventuali danni (e relativi risarcimenti). Può accadere così di visitare la mostra «Addio anni ’70» a Palazzo Reale e di trovarsi davanti alla all’opera chiamata «Bariestesia» (praticamente dei gradini asimettrici) dell’artista Gianni Colombo. Colombo gradisce che il fruitore interagisca con la sua opera (insomma, che salga su quei benedetti gradini), ma quando il visitatore sta per farlo, ecco che viene bloccato dal uno dei custodi: «Lei l’ha firmata la liberatoria?». Scopriamo così che, per salire i fatidici gradini colombiani, bisogna mettere data e firma in calce a un foglietto che recita quanto segue: «Si informa il visitatore che è possibile percorrere la Bariestesia. Tale esperienza, alterando le percezioni fisiche di equilibrio, movimento e stabilità può causare disorientamento motorio». E quindi: «Io sottoscritto dichiaro di aver preso coscienza dell’avvenimento di pericolo riguardo l’utilizzo dell’installazione di Gianni Colombo, Bariestesia (1974-75).

Firmando questa liberatoria dichiaro il Comune di Milano - Settore Cultura - Servizio Mostre e Coordinamento Attività Espositive non responsabile di eventuale incidente o infortunio che possa capitare alla mia persona fisica e mi impegno a prestare attenzione e cautela nel percorrere l’opera». Buona «percorrenza»...  

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