Una media di dieci «spiate» al giorno: ogni giorno, per due anni filati. Nel mirino di un bancario pugliese, lo stesso obiettivo della fabbrica dei dossier installata dal finanziere Pasquale Striano nella Direzione nazionale antimafia: il centrodestra, i suoi leader a partire da Giorgia Meloni e sua sorella Arianna, Ignazio La Russa, Guido Crosetto. Ma nella seconda stagione del cupo serial delle irruzioni abusive nella vita della classe dirigente del Paese, stavolta entrano in scena come vittime gli unici che finora ne erano rimasti fuori: i magistrati. A venire spiati erano anche i conti correnti di toghe di spicco: a partire da Giovanni Melillo, procuratore nazionale antimafia, spiato proprio mentre - appena arrivato alla Dna - scoperchiava e azzerava il bubbone dell'«Ufficio Sos», quello gestito da Striano e dal suo duperiroe diretto, il pm Antonio Laudati. Autore delle incursioni, un funzionario della sede di Bari di Banca Intesa: che per due anni succhia indisturbato dati riservati, settemila accessi illeciti, oltre 3.500 vittime.
«Le due vicende non sono collegate», si affrettano a dire gli inquirenti di Bari e Perugia, quando ieri mattina il nuovo scandalo finisce sulla prima pagina del Domani. Sarà. Ma è talmente lampante la coincidenza di tempi e di obiettivi da rendere inevitabile una conclusione: se il finanziere Striano e il bancario pugliese non sono collegati, allora sono comunque due facce di uno stesso sistema marcio, che utilizza banche dati riservate per accumulare conoscenze illecite. Il movente di Striano è forse noto, fornire scoop a giornalisti antigovernativi, guarda caso proprio del Domani. Cosa spingesse invece il funzionario di Banca Intesa invece ancora non si sa, e questo rende tutto ancora più inquietante. Ma è chiaro che ridurre tutto alla consolante ipotesi di un maniaco senza secondi fini, di un voyeur telematico degli affari dei potenti, sarebbe quantomeno azzardato.
Come sia stato scoperto il nuovo bubbone non è chiarissimo, negli ambienti giudiziari si parla della denuncia di una delle vittime, dal canto suo Intesa rivendica di avere individuato autonomamente la falla, «il comportamento anomalo è emerso nel corso delle ordinarie attività di controllo». Resta il fatto che per due anni l'uomo ha potuto continuare ad accumulare estratti dei conti correnti accesi presso tutte le 679 filiali italiane del colosso bancario. L'unico esponente di sinistra, secondo quanto è trapelato finora, a vedere violata la sua privacy è stato il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano. Per il resto, la direzione era una sola: oltre alla premier, a sua sorella, al suo compagno di allora Andrea Giambruno, vengono spiati Crosetto, La Russa, il governatore veneto Luca Zaia, il ministro Raffaele Fitto. Insieme a loro, ufficiali di vertice delle forze armate e di polizia. E poi, dato forse più inquietante di tutti, il procuratore nazionale Melillo, proprio nel periodo in cui azzerava l'ufficio di Striano e Laudati: ma questo, all'epoca in cui il bancario metteva il naso nei suoi conti, non lo sapeva ancora nessuno. Nello stesso periodo, venivano «rubati» i dati di un altro magistrato importante, il procuratore di Trani Renato Nitti.
Non si tratta di hackeraggi, il funzionario ha acquisito i dati (proprio come faceva Striano) utilizzando le password di cui era regolarmente in possesso, e che gli davano accesso illimitato a tutti i conti. Questo fa ipotizzare che non si trattasse di un dipendente di basso livello. Potenzialmente, le sue incursioni erano ancora più micidiali degli accessi di Striano, che si abbeverava principalmente alle «Segnalazioni di operazioni sospette» provenienti dalla Banca d'Italia.
L'accesso in diretta agli estratti conto metteva il bancario quasi alla pari con Serpico, il cervellone che incamera l'intera vita dell'utente bancario, dai bonifici alla spesa quotidiana. La domanda, alla fine, è quella di Crosetto: «Quanti dossier hanno costruito in questi anni? Su richiesta di chi? E con che finalità?».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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