Attraversa la Russia per seppellire moglie e figli: "Ora mi arruolo con gli ucraini per vendicarli"

La moglie e i figli di Serhiy Perebynis, 43enne ucraino, sono morti durante il durante il bombardamento sul ponte di Irpin. "Per colpa di un mortaio ho perso la mia famiglia. Ora mi arruolo con l'esercito ucraino"

Attraversa la Russia per seppellire moglie e figli: "Ora mi arruolo con gli ucraini per vendicarli"

"Per colpa di un mortaio ho perso la mia famiglia". Non si dà pace Serhiy Perebynis, 43enne ucraino, da quando ha scoperto che la moglie Tetiana e i suoi figli, Mykyta e Alisa, sono morti durante i bombardamenti sul ponte di Irpin, al confine con Kiev. Sopraffatto dal dolore, ora medita di arruolarsi: "Ci sto pensando, nn ho più nulla da perdere e voglio difendere la mia patria. Non saremo noi ad andarcene stavolta", racconta in un'intervista a Repubblica.it.

La tragedia

Quando la sua famiglia è stata uccisa Serhiy Perebynis si trovava a Donetsk, nel Donbass filorusso, per assistere la madre contagiata dal Covid. Ha saputo che sua moglie Tetiana, 43 anni, e i suoi figli di 18 e 9 anni, giacevano sotto le macerie del ponte di Irpin, crollato a seguito di un bombardamento, da una foto pubblicata su Twitter. "Stavo fumando una sigaretta sul balcone dell'appartamento di mia madre a Donetsk, osservavo le bombe cadere sulla città. Le avevo portato il respiratore per l'ossigeno perché aveva il Covid. - ricorda - Con Tetiana (la moglie ndr) avevamo studiato nel dettaglio il piano di evacuazione da Irpin e seguivo i suoi spostamenti su Google, con la condivisione della posizione. C'era poco campo, la 'T' di Tetiana appariva e scompariva sullo schermo: è ricomparasa sull'Ospedale N.7. Non capivo. Poi ho letto un tweet e visto quella foto. Ho urlato con tutto il fiato che avevo in gola". Di lì in poi, un unico pensiero: "Vederli per un'ultima volta e dargli una sepoltura degna".

Il viaggio

Per raggiungere Irpin, Serhiy ha dovuto attraversare la Russia. La prima tappa del viaggio è stata Rostov, sul Don. "Al confine le guardie mi hanno portato in una stanza per interrogarmi. - racconta - Chi ero, dove andavo e perché, mi hanno preso le impronte digitali. Ho detto loro cosa mi era appena successo, non hanno reagito. Mi hanno tenuto lì per 5 ore, mormorando. Alla fine mi hanno fatto attraversare fino a un altro check-point. C'erano gli agenti dell'Mgb (l'intelligence di Donetsk), mi hanno strattonato fuori dall'auto, volevano arrestarmi. Ho mostrato loro i polsi, 'arrestatemi, tanto non ho più niente da perdere'. Anche loro volevano sapere come è morta la mia Tetiana. 'Non lo indovinate?', li ho sfidati. Ma loro gelidi e scettici".

Da Rostov ha raggiunto l'aeroporto di Mosca. Stessa scena: "Controllato dai servizi russi. - dice - 'Chi ha bombardato la tua famiglia?'. Stessa risposta, stessa indifferenza". Dopodichè il 43enne ha raggiunto Kalilingrad, in taxi fino alla dogana con la Polonia. "Gli unici a provare pietà per me erano i tassisti russi, - precisa - confessavano che era una guerra che non gli apparteneva. Da lì sono andato a Leopoli e poi Kiev".

La sepoltura

Serhiy ha scoperto che sua moglie Tetiana non era sopravvissuta ai bombardamenti quando è approdato a Rostov: "Appena partito avevo una speranza perché sembrava che Tetiana, ricoverata, potesse sopravvivere. - racconta ancora - I ragazzi, invece, sono morti subito. Mi ripetevo che forse c'era ancora una piccola luce in questo buio. Quando sono arrivato a Rostov ho saputo che non c'era più". Dopo aver viaggiato per giorni, perquisito e interrogato dai militari russi ai checkpoint, il 43enne è arrivato a Kiev. "Sono stato per tre giorni all'obitorio N°1, quello centrale, c'erano troppi cadaveri provenienti da Irpin e Bucha, bisognava mettersi in fila. - spiega - Ho chiesto ai volontari di portarmi da mia moglie per sbloccare il suo iPhone. Contiene le foto della mia famiglia, le volevo. Ho preso il pollice freddo di Tetiana e l'ho appoggiato sullo schermo, però non si è sbloccato, funziona solo con le persone vive. Dopo un po' mi hanno consegnato tre bare. Ho vestito Mykyta e Alisa, ho vestito la mia Tetiana, li ho sepolti nel cimitero di un villaggio a sud della capitale".

La chiamata alle armi

Quando ha realizzato di aver perso tutto, Serhiy è sprofondato nel dolore. Ma poi, la sofferenza ha lasciato il passo al desiderio di rivalsa.:"Adesso mi hanno chiesto di entrare nelle Forze di difesa territoriali, per tornare a Irpin a sparare ai russi - dice - Sto riflettendo. Ho un fucile che è rimasto a casa mia".

Della moglie, i figli e i due cagnolini, anche loro morti durante i bombardamenti, non restano che due bagagli insanguinati: "Voglio proteggere la mia patria - conclude il 43enne - Sono già andato via dal Donbass nel 2014. Non saremo noi ad andarcene questa volta".

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