Avete nascosto la Croce Non nascondete anche le stragi

Avete nascosto la Croce Non nascondete anche le stragi

Per tanti europei le feste religiose sono considerate nulla di più di occasioni per andare in vacanza. Per i terroristi il calendario cristiano ha invece un peso decisivo: la ricorrenza più importante corrisponde da anni col momento in cui agire.

Ricordate la Pasqua 2016, a Lahore, in Pakistan? Terminata la Messa, una comunità di cristiani - ma c'erano anche non pochi musulmani - si riunisce in un parco: l'attentatore toglie la vita a nove donne, 31 bambini, 38 uomini. L'anno dopo, alla Domenica delle Palme, in Egitto, 45 persone sono uccise in due chiese copte, a Tanta e ad Alessandria. Il 2 aprile 2015 era Giovedì santo; all'università di Garissa, in Kenya, un gruppo di islamici fa irruzione e chiede a ogni studente di recitare la professione di fede coranica e uccidono 148 giovani solo perché cristiani.

Sarà necessario attendere per conoscere matrice e obiettivi degli attentati che alle 8.45 locali di domenica hanno colpito chiese cattoliche, chiese protestanti ed hotel in tutto lo Sri Lanka. Non è così scontato individuare il profilo degli attentatori, in un'isola teatro negli ultimi anni di episodi di estremismo buddista singalese, rivolti soprattutto alla minoranza tamil, quindi induista, e in generale contro le altre minoranze musulmane e cristiane. Un rapporto dell'Alleanza cristiana evangelica dello Sri Lanka, risalente al maggio 2017, censiva - nel quadro di intimidazioni di gruppi radicali buddisti come Bodu Bala Sena o Sinha Le, al fine di imporre la visione di una «nazione singalese» - 89 incidenti contro cristiani nel 2016, 36 nei soli primi cinque mesi del 2017, dalla negazione del diritto di sepoltura dei propri defunti nei cimiteri pubblici alla demolizione e chiusura di talune chiese, fino alle aggressioni e minacce di morte verso singoli. Lo stesso Rapporto, fra l'inizio del 2015 e il maggio 2017, elencava 44 attacchi alla comunità islamica.

Un quadro così complesso fa essere prudenti sull'attribuzione delle stragi. Ma fa emergere qualche punto fermo. Il primo: la libertà religiosa è un bene prezioso, e dovrebbe stare a cuore a tutti, non essere invocata quando si è minoranza perseguitata, come i musulmani nel Myanmar, e calpestata quando si è in maggioranza, come i musulmani nei Paesi in cui vige la sharia. È l'auspicio di Papa Francesco di ieri: che «tutti condannino questi atti terroristici disumani e mai giustificabili». Tutti significa tutti, senza eccezioni di tempo, di luogo e di confessione religiosa.

Il secondo: avere scelto la Pasqua e le chiese cristiane per colpire vuole dire che i cristiani sono le vittime prescelte. Vittime ideali: fanno notizia, il mondo ne parla, ma poi nella realtà nessuno si preoccupa veramente di loro.

E qui veniamo al terzo punto: la strage di Lahore durò mediaticamente due giorni, poi scomparve dalle cronache. Così è stato per Garissa, per Tanta e Alessandria, per quel che accade nella Nigeria di Boko Haram, per le comunità cristiane della Cina e del Venezuela... Da noi a Messa andiamo sempre meno, anche a Pasqua, nascondiamo le croci, e le nostre corti di giustizia ostracizzano i simboli della nostra fede. Qualche anno fa avremmo detto che lo Sri Lanka di oggi, se ignorato dai media e dai governi occidentali, potrebbe diventare l'Europa di domani. Non è più così: è il presente, come attestano tragicamente Londra, Berlino, Parigi, Nizza, Stoccolma... È ineluttabile? Cambierà quando dedicheremo ai nuovi Colossei qualche minuto in più del tempo del servizio in un tg. E quando ci chiederemo che cosa possiamo fare in concreto - e tanto si può fare! - per chi oggi muore a causa di Cristo a Islamabad, a Mosul, ad Abuja, a Caracas. Cambierà per loro. Cambierà soprattutto per noi.

Alfredo Mantovano

presidente di Aiuto alla Chiesa che Soffre-Italia

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