Battisti, Di Pietro: "Ancora terrorista. Giusto orgoglio di Salvini"

L’ex magistrato ritiene che Battisti debba entrare in prigione per non uscire più: “A oltre 60 anni l’ergastolo o i 30 anni di pena sono la stessa cosa”. Giuste e più che condivisibili, invece, le parole di orgoglio di Salvini: “magari non avrei aggiunto la parola ‘comunista’”

Battisti, Di Pietro: "Ancora terrorista. Giusto orgoglio di Salvini"

L’arresto ed il ritorno in Italia di Cesare Battisti continua a generare dibattito e polemiche, alcune delle quali hanno colpito il vicepremier Matteo Salvini, definito “mitomane” o addirittura più pericoloso dell’ex terrorista.

Antonio Di Pietro la pensa in maniera decisamente differente e, da ex magistrato, è in grado di comprendere l’importanza del momento, in particolar modo per la figura istituzionale svolta dal leader del Carroccio. In un’intervista rilasciata a “Tpi”, l'ex ministro esprime la sua opinione a riguardo.

“Battisti era ed è un criminale. Battisti non era il classico latitante nascosto in qualche posto oscuro e sconosciuto. Era un latitante che scriveva libri e li presentava, faceva manifestazioni pubbliche. Cesare Battisti si vantava del proprio essere”. Anche per quanto riguarda la pena da attribuire a Battisti, Di Pietro ha le idee molto chiare. “A più di 60 anni d’età 30 anni o l’ergastolo è la stessa cosa. Resta però il rispetto di un principio: non dovrà più uscire di prigione. Non solo perché a suo tempo è stato condannato all’ergastolo, ma perché per decine e decine di anni si è sottratto alla pena e ha irriso il nostro Paese andando a vantarsi di ciò che hai fatto”.

In questi anni il terrorista non è cambiato, ne è assolutamente certo l’ex ministro. “È una persona che ancora vede lo Stato come un qualcosa cui mettersi contro. È assolutamente un terrorista.

Per quanto riguarda invece Matteo Salvini e l’accusa di aver diffuso la notizia della cattura di Battisti appropriandosene in modo propagandistico, Di Pietro non concorda. “Alcuni hanno criticato l’eccesso di protagonismo di Salvini. Ma essere riusciti, finalmente, a riportare in carcere in Italia un latitante di quel tipo è un fatto di cui dobbiamo essere tutti contenti ed orgogliosi. E il fatto che questo orgoglio lo esprima il ministro dell’Interno, ossia colui che è a capo degli organi di polizia che hanno fatto questa operazione, deve essere vista non come un’invasione di campo, ma come un gesto di orgoglio che si riverbera su tutti noi”.

C’è solo un aspetto che l’ex magistrato critica al vicepremier nella comunicazione della notizia. “Condivido il gesto di orgoglio di Salvini, non condivido le affermazioni in cui dice “abbiamo finalmente preso un assassino comunista”. L’assassino è tale sia se di destra sia se di sinistra. Noi siamo orgogliosi perché abbiamo riportato in Italia un assassino. L’etichetta da comunista non è qualcosa in più, sempre criminale resta.

Fossi stato in Salvini avrei evitato di aggiungere la parola “comunista”, in quanto non tutti i criminali sono comunisti e viceversa, è un’affermazione politica che limita il senso di orgoglio espresso da Salvini in cui io mi ritrovo”.

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