Non c'è pace per il benzinaio di Ponte di Nanto che per difendere una donna durante un arapina ha ucciso un rom. La famiglia di Albano Cassol, il nomade autore del furto poi rimasto ucciso si costituirà parte civile per ottenere un risarcimento proprio dal benzinaio Graziano Stacchio. A raccontarlo è il Giornale di Vicenza che spiega come i magistrati abbiano aperto due fascicoli sulla rapina finita nel sangue: uno a carico di ignoti, gli altri componenti del commando che voleva rapinare la gioielleria Zancan, l'altro a carico di Graziano Stacchio, accusato, come è noto di "eccesso di legittima difesa". E ora la famiglia del rom alza la voce: "Chi ha sbagliato, sia sparando, sia con parole esagerate, deve pagare", hanno detto la compagna Cristina. I due spiegano di "non sapere nulla del progetto di Albano e della rapina", di essere "amareggiati per la tragedia" e per le modalità con cui è avvenuta (Albano aveva avuto un passato difficile, spiegano, ma ora stava lavorando regolarmente), di non "mangiare e dormire più", ma di "volere giustizia".
Poi si rivolgono ai politici: "Non attaccateci per la nostra etnia. Siamo anche noi razza Piave", sintetizzano. Da parte sua il benzinaio ha detto: "Non sono un eroe nè un giustiziere ho agito d’istinto pensando alla povera commessa sola", ha detto il benzinaio. "Prima ho urlato poi sono salito in casa a prendere il fucile, ho sparato in aria e quando uno di loro è venuto verso di me con il mitra in mano ho mirato alle gambe per difendermi. Non volevo certo uccidere".
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