Il buon senso non sciopera

Il buon senso non sciopera

Ci sono i virus che attaccano gli umani e i virus umani che attaccano i sistemi costruiti per essere perfetti quale è il Frecciarossa. In entrambi i casi sono tragedie che seminano morte e innescano paure più o meno giustificate. I virus si sconfiggono con la ragione, non con la protesta. Per questo ci pare stonato e affrettato lo sciopero che i sindacati dei ferrovieri - Cgil, Cisl e Uil- hanno proclamato a caldo per oggi. Uno sciopero che va a complicare ulteriormente le cose già incasinate dalla chiusura della linea interessata dall'incidente.

Non ne facciamo una questione di cinica comodità per chi viaggia. Ci chiediamo invece: contro chi è questo sciopero, dato che ancora non sappiamo cos'è successo e chi ha commesso l'errore fatale? Se si scoprirà che a sbagliare è stato un lavoratore, probabilmente iscritto a uno di quei sindacati che oggi incrociano le braccia, quale sarebbe il senso della protesta?

È il vecchio vizio dei sindacati italiani, un automatismo che scatta a prescindere dai fatti, una reazione d'istinto per giustificare la propria esistenza sempre più marginale: tragedia chiama sciopero, quando sarebbe più dignitoso un minuto di silenzio o - per chi ci crede - una veglia di preghiera.

Roberto Gervaso sul tema aveva scritto uno dei suoi memorabili aforismi: «Sciopero: la massa in scena». Non sarà lo sciopero a riportare in vita i due disgraziati ferrovieri, non servirà a fare più luce sull'accaduto né a cambiare le cose, anche perché ancora non si sa quali cose eventualmente andrebbero cambiate.

Non ci preoccupa uno sciopero in più o in meno, i sindacati ne fanno talmente tanti che ormai nessuno ci fa più caso. Lo sciopero è diventato uno strumento burocratico autoreferenziale della categoria che lo indice, che scivola come acqua fresca sull'opinione pubblica alla quale pretenderebbe di rivolgersi per sensibilizzarla sul tema in questione.

Ma soprattutto quando ci sono di mezzo lutti e dolori l'arma dello sciopero andrebbe utilizzata con grande cautela, anche perché indicare generici colpevoli a suon di slogan e retorici discorsi non aiuta la ricerca

della verità. La memoria di quei due uomini morti sul lavoro la si dovrebbe rispettare lavorando più e meglio e lasciando alla giustizia il compito di tirare le conclusioni. Almeno il buon senso non facciamolo deragliare.

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