Un campagna per i beni culturali dedicata ai ricchi turisti dei megayacht

Al convegno a Porto Cervo di Federagenti Vittorio Sbarbi presenta gli itinerari privilegiati al tesoro Italia

Un campagna per i beni culturali dedicata ai ricchi  turisti dei megayacht

Calcolano che un solo passeggero dei megayacht che approdano nei nostri porti turistici spenda al giorno tra i 15 e i 20 mila euro. Parliamo di quelle lussuose «navi» dai 30 ai 60 metri, che costano a emiri e sceicchi, magnati della finanza e imprenditori internazionali circa 2,3 milioni all’anno, che diventano 6,7 oltre gli 80 metri d’imbarcazione.

Turisti così sono preziosi per chi li ospita, inutile dirlo. E hanno gusti difficili, cercano corsie preferenziali per tutto, quando scendono dalle loro cabine a 7 stelle. L’idea nuova, lanciata al II Forum del lusso possibile organizzato da Federagenti a Porto Cervo, è non limitarsi a corteggiarli con la nostra apprezzata gastronomia o con la famosa moda made in Italy, ma puntare anche sul settore dei beni culturali, sul quale il nostro Paese non ha concorrenti. Come? Offrendo alla clientela top programmi di visite alle bellezze artistiche in orari non convenzionali, con guide speciali, spalancare le porte di musei e siti archeologici solo per loro, magari con effetti speciali e ogni altra trovata possibile.
Testimonial della campagna «Yacht: caccia al tesoro Italia» è il critico Vittorio Sgarbi, che a Porto Cervo ha parlato del programma di realizzare gli «italian yacht itineraries», attraverso la valorizzazione dei beni culturali e la pianificazione degli eventi. La nautica di lusso può diventare, così, supporter del sistema Italia, anche con sponsorizzazioni mirate indirizzate al patrimonio artistico-culturale, «Bisogna far divertire il turista, ma nel vero significato latino del termine- ha detto Sgarbi -. Lasciamo perdere il modello Ibiza, anche se qualcuno chiama quello "divertimento". Un diportista deve scoprire l'inaspettato che c'è a 500 metri, a due, dieci chilometri dall'approdo. La Sardegna ha un potenziale unico perché ancora trasmette un senso di "intatto". L'Italia deve offrire vero "divertimento"e percorsi inediti. "Divertire" significa cambiare strada, trovare qualcosa di nuovo che arricchisca la nostra esperienza e cultura».

La sfida lanciata in Costa Smeralda dalla Federazione degli agenti marittimi ha già un piano possibile. Primo: far conoscere alla clientela del turismo top i principali siti e le bellezze del patrimonio artistico italiano. Secondo: proporre visite - chiaramente super pagate - in orari non convenzionali. Terzo: coinvolgere grandi nomi della finanza, magnati russi o emiri, in operazioni di sponsorizzazione e supporto. Con gli altri Paesi del Mediterraneo colpiti da guerre e terrorismo, in Italia stanno tornando molti megayacht che se ne erano allontanati. I turisti supericchi aumenteranno e così dev’essere per le opportunità che possiamo offrire. D’altronde, il nostro Paese è sempre più leader mondiale nella costruzione di questi gioielli della nautica, con il 42% degli ordini mondiali. Le barche di questo tipo potrebbero passare dalle attuali 5.113 a 5.973 nel 2030, secondo i dati emersi nel convegno. Il Mediterraneo è l’home port mondiale preferito (56%), una percentuale che sale al 70% quando si parla di vacanze estive. L’anno scorso sono state 6.600 le soste nei porti italiani. Questo settore «vale» globalmente 24 miliardi di euro, con i quali contribuisce al pil dell’industria del lusso in Italia e per 2,5 miliardi a quello nazionale, con 13mila occupati indiretti. Lorenzo Pollicardo, segretario generale di Nautica Italiana, durante il convegno ha annunciato che sono state 177 nel 2015 le unità in costruzione, e 56 quelle consegnate. Il totale delle barche realizzate e vendute è arrivato a quota 1.539.
L’Italia è in testa anche agli ordini per stazza, con il 32% della fetta mondiale.

In un mercato sempre molto forte, nel periodo 2011-2015 lo share globale è stato del 37,2%. Le bandiere delle imbarcazioni lungo le coste italiane sono al 55% non europee. Quelle che battono bandiera italiana non superano i 5%, stessa percentuali del personale al lavoro negli yacht.

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