"O paghi 1500 dollari al giorno per le cure oppure puoi ricorrere al suicidio assistito gratis". Questa è stata la proposta di un medico di un ospedale del Canada al 42enne Roger Foley, affetto da atassia cerebellare, una patologia neurodegenerativa che gli impedisce di muoversi e nutrirsi in autonomia.
Roger è ricoverato da due anni presso il London Health Science Centre’s Victoria Hospital, nello Stato dell'Ontario, dove, a partire da settembre, non avrà più la copertura delle spese da parte della sanità pubblica. "Ma io voglio vivere, non morire", ribadisce il disabile che ha deciso di fare causa all’ospedale e al governo dell’Ontario, dopo aver inviato alla tivù Ctv News due registrazioni audio in cui il personale del nosocomio lo invitavano a ricorrere all'eutanasia. Nella prima un dipendente dell’ospedale gli ricorda, appunto, quanto gli sarebbero venute a costare le cure da settembre e Foley ribatte dicendo che quella è una sorta di minaccia. L'uomo, però, continua: "Noi non facciamo questo tipo di discorsi in ogni situazione, ma solo in quelle in cui c’è un piano fattibile previsto dalla comunità che il paziente non accetta". Foley, a quel punto, controbatte: "Non sono stato informato, qual è questo piano?". "Roger, io faccio la mia parte, che consiste nel ricordarti che se tu fossi interessato al suicidio assistito…", aggiunge il dipendente dell'ospedale.
Nel secondo audio, uno psicologo chiede a Foley se ha mai avuto pensieri suicidi e lui risponde così:"Penso spesso a porre fine alla mia vita, ma solo per il modo in cui vengo trattato in questo ospedale e per come vanno le cose. Se potessi ottenere la possibilità di essere curato a casa, non ci penserei". Il medico, allora, controbatte:"Ma se tu non ottenessi questa possibilità, tu puoi semplicemente ricorrere al suicidio assistito se vuoi porre fine alla tua vita. Sai cosa intendo? Non c’è bisogno che lo fai in modi tragici, puoi accedere al suicidio assistito, lo sai". "Perché volete obbligarmi a togliermi la vita?", chiede Roger. "No no no no, non sto dicendo quello, non fraintendere. Dico solo che se ti senti così, se hai questi pensieri, so che hai chiesto di non fornirti forchette o coltelli… Non sono qui per difendere l’ospedale, ma nessuno è mai rimasto qui tanto a lungo quanto te, due anni", sottolinea lo psicologo.
"Voglio che tutti i canadesi conoscano la mia situazione, che ultimamente è peggiorata così tanto che sono quasi morto. Voglio che tutti sappiano la verità prima che sia troppo tardi perché la mia voce venga ascoltata". Questo è il desiderio di Foley che attacca il sistema di assistenza sanitaria del suo Paese: "Quello che sta succedendo a me, in Canada, - dice - è dovuto alla legalizzazione del suicidio assistito unita alla mancanza di cure appropriate per chi soffre. Io non ho ricevuto le cure di cui ho bisogno, al loro posto mi è stato offerto il suicidio assistito. Ma io voglio vivere con dignità il tempo che mi resta". Prima di essere ricoverato in ospedale, infatti, l’uomo era curato a domicilio dai professionisti selezionati da un’agenzia governativa che gli offrivano cura inadeguate: "Mi sono state date più volte le medicine sbagliate, - racconta - mi hanno preparato da mangiare cose per cui ho avuto intossicazioni alimentari. Gli inservienti si addormentavano in salotto mentre le cose in cucina prendevano fuoco e sono rimasto ferito durante gli esercizi e i trasferimenti". E questo è il motivo per cui ora si trova in un ospedale.
Foley ha chiesto di poter accedere a un servizio della sanità pubblica del Canada che prevede che il malato possa scegliere personalmente chi deve prendersi cura di lui ma il servizio gli è stato negato e l’unica alternativa che gli è stata prospettata è il suicidio assistito.
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