Facevano giungere i lavoratori dall’Est con un visto turistico per poi sfruttarli nelle campagne a pochi euro all’ora nell’agrigentino con l’organizzazione del caporalato. Per questo motivo i carabinieri hanno dato esecuzione nella notte a otto fermi di indiziato di delitto disposti dalla Procura della Repubblica. Scoperti i componenti di un'associazione criminale che agiva indisturbata e senza alcuna pietà verso i lavoratori.
Le vittime, spesso, venivano caricate stipate su dei furgoni adibiti al trasporto ed accompagnate sul posto di lavoro. Si lavorava nella terra sotto il controllo costante dei caporali per 10-12 ore al giorno senza mai fermarsi per recuperare le forze. Non c’era condizione meteorologica che potesse bloccare i lavori: sia con il cado torrido che con la pioggia battente le vittime erano costrette ad eseguire le proprie mansioni sui campi tra Agrigento e Licata.
Le indagini che hanno portato alla luce l’esistenza dell’organizzazione criminale, sono iniziate lo scorso mese di maggio e si sono svolte con numerosi servizi di pedinamento ma anche con l’ausilio di riprese video che hanno permesso di accertare quanto di terribile accadesse in quelle terre. L’organizzazione sfruttava senza alcuno scrupolo la manodopera extracomunitaria con al vertice due donne di origine slovacca, madre e figlia. Complici erano due romeni e quattro italiani. Si tratta di Veronica Cicokova e la madre residenti a Campobello di Licata, il palmese Rosario Ninfosì, Emiliano Lombardino di Porto Empedocle, Rosario Vasile di Campobello di Licata, Giovanni Gurreri di Agrigento e Nicola Stan, rumeno residente a Campobello.
I lavoratori, soprattutto ucraini e moldavi, arrivavano con un visto turistico fornito dai criminali che approfittavano della libera circolazione prevista dal Trattato di Schengen per aggirare i limiti del decreto flussi. I malcapitati, circa 100, sono arrivati ad Agrigento con degli autobus vecchi e hanno pagato un affitto di 100 euro a posto letto, al mese, ospiti nelle abitazioni messe a disposizione dall’organizzazione.
Nel frattempo le due donne con i loro complici stabilivano con i proprietari dei fondi le prestazioni che gli operai dovevano compiere. Le vittime, per essere accompagnate nelle campagne, venivano caricate su dei furgoni:anche a 40 persone a viaggio e guadagnavano meno di 3 euro all’ora.
Una volta giunte sui campi erano costrette a lavorare senza mai fermarsi un attimo. Raccoglievano frutta di ogni genere e continuavano le loro mansioni anche con condizioni climatiche poco favorevoli. Non avevano alcuna protezione per ripararsi dal caldo o dalle piogge, nemmeno dall’umidità delle serre. Lavoravano dal lunedì alla domenica, a ruota continua, senza avere mai un giorno di riposo perché tutti intimoriti e controllati dai caporali.
Il lavoro si svolgeva nelle ore notturne: dalle 3 fino alle 17 e anche oltre. Il lavoro avveniva sempre sotto il controllo dei guardiani e addirittura una donna ha abortito sui campi per le immani fatiche. Circa un milione di euro il guadagno dell’organizzazione grazie ai risparmi illecitamente ottenuti.
Grazie all’operazione che prende convenzionalmente il nome di Ponos, divinità greca depositaria dello spirito del lavoro duro e della fatica, l’organizzazione è stata debellata.
Gli otto indagati dovranno rispondere, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata alla illecita intermediazione ed allo sfruttamento del lavoro, nonché di violazione delle disposizioni contro l’immigrazione clandestina.
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