"Sì, salve, carabinieri di Tor Sapienza. Senta, una cortesia, abbiamo un detenuto che sta male. Ha attacchi di epilessia". Il recluso a cui si fa riferimento in questa telefonata è Stefano Cucchi. E l'audio della conversazione tra l'agente di guardia e l'operatore del 118, diffuso da Repubblica, è stato registrato nella notte tra il 15 e il 16 ottobre 2009.
Il contenuto è parte dei documenti, cartacei e audio, depositati dal pubblico ministero Giovanni Musarò nel processo per la morte di Stefano Cucchi. La notte in cui era stato richiesto l'arrivo di un'ambulanza, il giovane romano era recluso in una camera di sicurezza della caserma dei carabinieri in via degli Armenti, al civico 90.
Secondo le ricostruzioni processuali, poche ore prima di quella chiamata, nel commissariato sulla Casilina, il giovane era stato picchiato dagli agenti Raffaele D'Alessandro e Alessio Di Bernardo, due dei militari che lo avevano arrestato per spaccio quella sera. E pare che, proprio nella cella di Tor Sapienza, Cucchi avesse cominciato a mostrare le prime conseguenze di quel pestaggio.
Alla domanda se soffrisse di epilessia, il piantone di guardia aveva risposto: "Sta male, però sintomi apparenti di epilessia non ne ha". E all'interrogativo se avesse sintomi di una crisi in atto, l'agente replicava: "Ha tremori e non riesce a muoversi".
L'ambulanza sarebbe arrivata di lì a poco, ma sarebbe anche ripartita vuota.Nei giorni scorsi era emersa un'altra intercettazione telefonica, in cui il carabiniere Vincenzo Nicolardi parlava del 31enne romano il giorno dopo l'arresto. Aveva detto: "Magari morisse, li mortacci sua".
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