Prima di iniziare a discutere sulla festa del papà, voglio avviare una battaglia, sapendo che è persa senza speranza: smettiamo di farci chiamare Papà e pretendiamo di venire chiamati con il nostro vero nome, Babbo. Dante e Michelangelo, Verdi e Verga, Garibaldi e Marconi chiamavano così i loro padri, e così venivano chiamati dai loro figli. Poi, nella seconda metà dell'Ottocento, arrivò dalla Francia quella paroletta squillante e facile, papà, che come un punteruolo rosso, una peste della lingua, debellò l'austero e pur dolcissimo babbo.
Una parola così bella e importante ormai sopravvive solo a Natale e in Toscana, dove l'italiano è più forte, la coscienza della lingua più salda, la resistenza alle invasioni - raramente subite - più tenace. Da buon toscano, Babbo mi chiamano i miei figli, fieri e pronti a uno sguardo di commiserazione quando un loro compagnuccio tenta la facile battuta «Ma chi è, Babbo Natale?».
Se oggi si discute della perdita di autorità della figura paterna, della sua progressiva mammizzazione, comincerei da qui: tornare babbi, lasciando i papà a pettinare le bambole. Ma naturalmente il problema è più vasto.
La progressiva «liberazione» delle donne, il loro ingresso massiccio nel mondo del lavoro, il rafforzarsi di un diritto di famiglia dove si è davvero pari comporta che i ruoli non sono - o non dovrebbero - essere più così divisi. La novità comporta uggia e tormento per i padri (diciamocelo, i bambini sono anche parecchio faticosi e spesso - con tutto il bene - dei gran rompiscatole): d'altra parte è dolce e tentante prendere il ruolo di tutto coccole e di gigante dai capelli turchini.
Cambiare il pannolino, lavare il sederino, e più tardi declamare per intero Se di Kipling è, in fondo, più piacevole che essere il Signor No, il severo censore dispensatore di rimbrotti e punizioni, come le stesse mamme ci chiedono di fare, senza per questo esimerci dal pannolino e dal sederino.
Però così deve essere, non potremo evitare il ruolo di Pater familiae neppure quando la parità dei sessi sarà effettiva e completa, quando il padre non sarà più soltanto il «ministro degli Esteri», che guida alla scoperta del mondo, e la mamma soltanto il «ministro dell'Interno» che guida alle regole della vita quotidiana.
È nella natura umana che la figura paterna sia, come un totem, quella cui fare riferimento alla ricerca della forza, quella materna il rifugio sicuro e caldo dove trovare sicurezza.
Però il Pater familiae dovrà sapersi adattare sempre più a fare anche il mammo. Compito, impegnativo, e per questo sarà bene affrontarlo da babbi, non da papà: ricordandoci di rispettare le mamme, che spesso sono anche madri, papà e babbi.@GBGuerri
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