"Ma chi la mette quella roba?". Armani contro la moda bizzarra

Re Giorgio esalta il lusso discreto e poi sbotta: "Facciamo un lavoro serio, non per sbattere il mostro in copertina"

Giorgio Armani alla presentazione della retrospettiva romana
Giorgio Armani alla presentazione della retrospettiva romana

«Cercate di essere il più normali possibile» dice Armani nel backstage ai modelli che stanno per sfilare con la collezione uomo del prossimo inverno. I ragazzi obbediscono soggiogati dall'autorevolezza del personaggio, ma invece della solita camminata di buon passo con braccia dondolanti, incedono lenti e composti come se la bellezza (...)(...) dei capi imponesse loro un'attitudine nuova, quasi sacrale. È proprio questo il grande segreto della moda maschile di Armani: ci mette l'anima. «Ho fatto un sunto dei miei amori: le silhouette precise, la fisicità esaltata senza parere, i pantaloni che segnano il polpaccio e i colori che non fanno girare la gente per strada ma si fanno ricordare» spiega lo stilista-imprenditore. In effetti è difficile dimenticare la rasserenante visione dei suoi uomini in blu dalla testa ai piedi, oppure con sapienti interventi di nero o di marrone, o, ancora, con la più bella panoplia di grigi che si possa immaginare. La linea dei capi è semplicemente perfetta e soprattutto nuova anche se del tutto coerente tanto con l'estetica di Armani. Così le giacche si alzano allungando otticamente la figura mentre il cavallo dei pantaloni si abbassa parecchio senza comunque togliere slancio alla gamba. E poi non mancano i pezzi forti tipo la giacca di Kydassia che poi è una capra stirata effetto scimmia oppure il lungo paltò di montone rovesciato. Tutto comunque rientra in quel paradigma dell'eleganza armaniana che comincia con una regola degna di Brunelleschi «il più non deve essere troppo» e finisce con l'elenco di quel che è il lusso: materiali speciali, tagli impeccabili, non farsi tanto notare quanto ricordare. Nell'epoca del selfie e dell'auto promozione sul web, tutto ciò ha qualcosa di sovversivo come del resto la frase con cui Re Giorgio si congeda: «Questo è un lavoro serio, dobbiamo sempre chiederci perché lo facciamo e soprattutto chi la mette certa roba». A molti stilisti o sedicenti tali manca senza dubbio il buon senso necessario per fare questa difficile operazione. Non è il caso dei gemelli Dean e Dan Caten che insieme firmano la linea Dsquared2 e che ieri hanno fatto sfilare una bellissima collezione ispirata dalla tradizione britannica in Asia. Da qui l'idea del kilt usato come pannello staccabile sui magnifici jeans oppure sulle severe redingote nere di gusto vittoriano come i ricami sullo smoking in tartan black watch. Più sportivi ma ugualmente bellissimi i piumini oversize con stampa Manga e i pantaloni attrezzati tipo divisa da Ninja. Alla domanda perché, per chi i gemellini rispondono «abbiamo molti più negozi di una volta in Asia, dobbiamo incontrare i gusti dei nuovi mercati». Dire che Dean e Dan hanno ragione è poco: ieri a Milano il popolo della moda ha potuto constatare che la Cina non è tanto vicina, quanto già qui. Bikkembergs ha stretto un accordo di partnership con il Gruppo Guangzhou Camoudilo e in prima fila oltre al nuovo ceo Yungfei Lin c'è l'intera squadra di calcio del Guangzhou che ha rapito il cuore a centinaia di fan dagli occhi a mandorla appostate per ore all'uscita. Invece in passerella ci sono 11 centauri in smoking a cavallo di altrettante Yamaha fiammanti e un esercito di splendidi ragazzi capitanati dal designer che per non farsi riconoscere si presenta in passerella con casco integrale. Da Christian Pellizzari, invece, il classico si veste di nuovo con interessanti lavori di agugliatura sul principe di Galles e interessanti giochi di forme e colori: un parka cammello allungato a cappotto sopra al completo grigio super slim. Debutto milanese per Helen Anthony, griffe disegnata dall'anglo pakistano Anthony Naeem.

C'è di tutto: le stampe coloratissime su lana, il tayloring per il Punjabi dress, gli smoking alla James Bond, le borse a forma di ponte di Londra e i messaggi di pace. A volte il troppo non stroppia, però è raro.Daniela Fedi

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