Sarebbe stato inserito nelle lista dei beneficiari del reddito di cittadinanza per un certo periodo di tempo, pur non avendone diritto. Eppure, il giudice per l'udienza preliminare lo ha prosciolto perché in questa sua azione non c’era “l’elemento psicologico del reato" e perché la richiesta era stata compilata in "assoluta buona fede”.
Protagonista della vicenda è un cittadino straniero residente in Umbria, a Gubbio, e che beneficia dello status di rifugiato politico. Stando a quanto riportato dalla testata online PerugiaToday, l'uomo era finito a processo dopo esser stato individuato dai controlli disposti per accertarsi che chi beneficia del sussidio ne abbia effettivamente i requisiti. Il rifugiato non avrebbe avuto tutte le carte in regola per richiederlo, visto che gli mancavano in particolare i dieci anni di residenza sul territorio nazionale. Un requisito fondamentale quest'ultimo, che non gli avrebbe consentito di beneficiare della misura.
E per questa ragione, l'imputato era accusato di avere presentato un’istanza di ottenimento del reddito di cittadinanza nel maggio del 2021 (dopo essersi rivolto ad un consulente del lavoro per la compilazione della documentazione necessaria) attraverso false attestazioni circa la sua presenza e residenza sul territorio nazionale da dieci anni, di cui gli ultimi due continuativi. Secondo la procura di Perugia avrebbe così compiuto atti idonei e non equivoci finalizzati a conseguire pubbliche erogazioni, sostenendo in modo fraudolento di essere residente in Italia da almeno un decennio e traendo in inganno l’ente erogatore, con l’obiettivo di cagionare allo stesso un danno economico pari all’ammontare delle future somme incassate.
A cosa è dovuto il proscioglimento? Al fatto che, sulla base degli indizi, il magistrato ha evidentemente individuato come causa di quanto accaduto l'ignoranza del richiedente circa la normativa che disciplina il rdc. Il rifugiato non avrebbe quindi agito con cognizione di causa e a supportare per vie indirette questa tesi ci sarebbe anche il fatto che la truffa non si sia in fine dei conti consumata, perché la domanda non è stata alla fine accettata dai sistemi informatici dell’Inps: nessuna somma risultava corrisposta in favore dell’indagato.
Sempre secondo il gup inoltre, da rifugiato politico riconosciuto l'uomo non poteva pensare che fosse fondamentale anche il requisito della permanenza in Italia da dieci anni, ai fini dell'ottenimento del sussidio. Ha così ritenuto che il fatto non sussistesse e ha archiviato definitivamente la questione dichiarando il non luogo a procedere.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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