Tre anni di carcere per corruzione: per Silvio Berlusconi si chiude nel peggiore dei modi il processo di Napoli sulla "operazione Libertà", la campagna di reclutamento di parlamentari tra le file del centrosinistra che portò nel gennaio 2008 alla caduta del governo Prodi. Oggi pomeriggio il tribunale presieduto da ha dichiarato Berlusconi colpevole e lo ha condannato al massimo della pena, accogliendo in pieno le richieste della Procura della Repubblica. È una condanna destinata a non diventare mai definitiva, perché il prossimo 6 novembre l'imputazione si prescrive, e dunque non ci sarà neanche il tempo del processo d'appello. Ma la sentenza è comunque pesante, perché riscrive in chiave giudiziaria un capitolo cruciale della vicenda politica del paese. Per i giudici di Napoli a fare cadere l'ultimo governo dell'Ulivo non fu lo sgretolarsi di una maggioranza risicata e divisa, che andava da Rifondazione Comunista all'Udeur, ma una "operazione pianificata volta a sovvertire l'ordine democratico", voluta e finanziata da Silvio Berlusconi con l'unico obiettivo di tornare a Palazzo Chigi. Momento chiave dell'operazione, i tre milioni di euro a Sergio De Gregorio, eletto al Senato nelle liste dell'Italia dei valori, perché lasciasse la maggioranza.
Bisognerà attendere le motivazioni per capire come i giudici napoletani abbiano superato l'ostacolo maggiore che sia la difesa di Berlusconi che quella di Forza Italia, anch'essa imputata come "responsabile civile", hanno sollevato per arginare le tesi della Procura: sia Niccolò Ghedini che Franco Coppi hanno sostenuto che è la Costituzione a garantire la totale libertà di movimento ai parlamentari che esercitano il loro ruolo "senza vincoli di mandato". A rientrare negli atti insindacabili rientrava, in particolare, il voto di fiducia al governo, che non fa parte dell'attività legislativa: e in quel momento De Gregorio non era un pubblico ufficiale. Qualunque siano i motivi - nobili o prosaici - che lo spinsero al ribaltone, questi per Ghedini e Coppi riguardano la morale e la politica ma non il codice penale. Nella sua replica di stamani, la Procura ha sostenuto che di fatto De Gregorio era asservito a Berlusconi, e che il finanziamento al suo movimento era il "sinallagma" ovvero la contropartita del suo passaggio al centrodestra. Il fatto che sia stata una vicenda politica, per il pm, non esclude che sia stata anche una vicenda criminale: e il pm Fabrizio Vanorio ha citato come precedente quello del delitto Matteotti, ordinato da Mussolini: "anche quello aveva un movente politico, ma resta un delitto".
Il tribunale presieduto da Serena Corletto, dopo una lunga camera di consiglio, sposa in pieno le
tesi della Procura. Novanta giorni per le motivazioni, prescrizione inevitabile. Ma l'appello a una condanna esemplare in nome della funzione "generalpreventiva" della pena, invocata da Woodcock stamane, è stato accolto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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