Confiscano la villa al boss, ma la famiglia continua a viverci dopo 30 anni

I parenti di Rocco Schirripa, condannato per l'omicidio del magistrato Bruno Caccia, non hanno mai traslocato dalla casa destinata al Comune di Torrazza Piemonte (Torino). La vicenda è passata in sordina per quasi 30 anni

Confiscano la villa al boss, ma la famiglia continua a viverci dopo 30 anni

Il 26 giugno 1983, a Torino, il magistrato Bruno Caccia venne ucciso a colpi di pistola sotto la sua abitazione. Tutte le piste portarono a una sola direzione: un agguato mafioso. Poco prima di morire il giudice stava portando avanti alcune indagini sui traffici della 'ndrangheta in Piemonte, traffici che lo condannarono a morte. Per l'omicidio venne arrestato Rocco Schirripa, 69 anni, ex panettiere, considerato vicino all'ambiente mafioso e personaggio chiave del delitto, per cui sta scontando l'ergastolo.

Le vicende burocratiche

Dopo anni si ritorna a parlare di Schirripa sotto un'altra veste. Dopo l'arresto del killer, la casa di sua proprietà era stata sequestrata nel 1994 e confiscata nel 1998. Da quel momento doveva essere un bene appartenente al comune di Torrazza Piemonte, nonostante ciò il sindaco, Massimo Rozzino, dichiara che nella villa continuano ad abitare i familiari del boss. Com'è possibile? Grazie ai continui ricorsi presentati dai legali di Schirripa.

Secondo Repubblica questo è solo uno dei tanti casi di beni confiscati alla malavita mai effettivamente sgomberati. Si tratta infatti di un percorso burocratico lungo e affannoso ostacolato anche dalle lunghe procedure."Ogni bene liberato è un passo avanti nella lotta alla criminalità organizzata - ha dichiarato Maria Josè Fava, referente di Libera Piemonte -. Però è un percorso complesso con tanti fattori che possono concorrere a rallentare l’iter".

Secondo l’ultimo report di Libera, sono 300 i complessi immobiliari confiscati e sequestrati in Piemonte, ma solo il 23% è stato destinato a un percorso di riutilizzo. A rendere ancora più difficile questo delicato lavoro è la mancanza di collaborazione. Pare infatti che su 1076 comuni monitorati destinatari di beni immobili confiscati 670 non pubblicano l’elenco sul loro sito internet e questo ne ostacola la trasparenza.

Sul proprio sito l'associazione Libera scrive: "Riteniamo importante che sia garantito un maggiore coordinamento e scambio lungo tutta la filiera istituzionale del bene confiscato, che consenta poi una risoluzione veloce delle criticità e una trasparenza del dato".

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