Coronavirus, crescono le richieste di testamento

L'elevato numero di decessi da coronavirus sta portando molte persone a fare testamento sia patrimoniale sia biologico

Coronavirus, crescono le richieste di testamento

L'elevato numero di decessi da coronavirus sta portando molte persone a fare testamento sia biologico sia patrimoniale. La conferma arriva direttamente dai notai che, anche in mancanza di statistiche ufficiali, riferiscono di un sensibile aumento della mole di lavoro.

"Ricevo tante telefonate di clienti che, davanti a questo momento così difficile, hanno bisogno di certezze, di garanzie, di capire. E quindi si pensa a come ufficializzare le proprie ultime volontà, perché si avverte in maniera più netta che il futuro è incerto", spiega al Messaggero Giulio Biino, componente del Consiglio nazionale del notariato che ricorda come in Italia solo un 15-20% faccia testamento, diversamente dai Paesi anglosassoni dove questa percentuale arriva al 70%. "Quello di cui la gente sembra avere bisogno in questo momento è "una consulenza umana"", aggiunge Biino.

Il fenomeno del testamento biologico

Secondo il notaio romano Roberta Mori "la prospettiva di non esserci più sta portando le persone anche a fare il cosiddetto testamento biologico, le dat, ovvero le disposizioni anticipate di trattamento", a dimostrazione di come, per gli italiani, la preoccupazione per la salute venga comunque prima del denaro. I più colpiti dal Covid-19 sono gli anziani e, pertanto, molti stanno mettendo nero su bianco le proprie volontà nel caso contraggano la malattia con lo scopo di specificare anche a quali trattamenti sanitari danno il loro consenso. Sono due le categorie di persone che, in questo periodo si rivolgono ai notai: "Da una parte quelli più avanti con l'età che si informano o vogliono fare testamento. Dall'altra - spiega Mori - tutti coloro che hanno mutui, compravendite aperte, aspetti che sono stati parzialmente presi in considerazione dai vari decreti". I notai, una delle poche categorie professionali ancora in servizio, continuano a lavorare, pur col rischio costante di essere contagiati.

"Qualche giorno fa - racconta ancora il piemontese Biino - per evitare che si muovesse il cliente e non potendo fare un atto per procura, sono dovuto andare fuori Torino. Beh, mi sono dovuto bardare, con mascherina, guanti e tutto il resto. Mi hanno pure fermato a un posto di blocco. Sembrava dovessi andare chissà dove, ero solo a 15 chilometri di distanza".

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