Il "domino" dei contagi Covid: ecco gli eventi "super diffusori"

A svolgere un ruolo chiave nella trasmissione del virus sono determinati luoghi ed eventi, definiti "superspreading events". In alcuni Paesi è stata coniata la regola delle 3C, per ricordare quali zone evitare

Il "domino" dei contagi Covid: ecco gli eventi "super diffusori"

Con l'impennata di contagi da Coronavirus in numerosi Paesi d'Europa, gli esperti tornano ad analizzare le modalità di diffusione del patogeno, così da poter individuare le situazioni di maggior rischio e prevenire la formazione di focolai. Al momento pare che un individuo positivo al Covid-19 sia in grado di infettare altre 2,5 persone, qualora non vengano rispettate le norme di prevenzione. Ma non è sempre così. È stato infatti dimostrato da uno studio pubblicato sulla rivista "Science" che molti soggetti affetti dal virus non hanno mai contagiato nessun altro (si parla del 70% delle persone infette). Allo stesso tempo, tuttavia, vi sono altri individui, i cosidetti "superpreader", che sono in grado, senza ovviamente saperlo, di infettare molti più soggetti rispetto a quanto mediamente calcolato.

Per quanti sforzi teorici si possano fare, non ci troviamo di fronte ad una regola ben precisa. Un ruolo determinante, secondo quanto riferiscono gli scienziati, lo avrebbero certi luoghi precisi, nei quali il virus riesce a trasmettersi più facilmente da una persona all'altra grazie alle attività che vi vengono svolte. Gli esperti hanno coniato un nome anche per queste: "superspreading events", ossia eventi supercontagio.

Come detto in precedenza, sono pochi i soggetti in grado di trasmettere il virus. Precedenti studi, riportati dal "Corriere", hanno dimostrato che solo il 10-20% dei positivi ha provocato circa l'80% dei contagi. I focolai più noti, invece, sono stati causati dai luoghi e/o dagli eventi di supercontagio: al primo posto ci sono ospedali e case di riposo, come abbiamo purtroppo potuto constatare anche in Italia. Seguono poi eventi "a rischio" quali cerimonie religiose, meeting di lavoro, attività sportiva in palestre, feste, raduni nei carceri ed altro ancora. Insomma, i coontatti prolungati ed al chiuso, senza alcun tipo di protezione, possono portare ad una più facile trasmissione del Coronavirus. Da tenere d'occhio anche certe manifestazioni all'aperto, quando queste interessano un gran numero di persone: l'esempio citato da chi supporta queta tesi è il match di Champions League tenutosi lo scorso 19 febbraio allo stadio di San Siro (Milano) tra Atalanta e Valencia. Quella partita sarebbe stata la causa di migliaia di contagi.

Eventi di questo genere non si sono però verificati soltanto nel nostro Paese. Il "Corriere" riporta il caso di un corista statunitense che, non essendo al corrente della propria positività al virus (era asintomatico), ha infettato 53 colleghi durante le prove. Sul finire del mese di febbraio, al termine di una riunione dell'azienda farmaceutica Biogen a Boston, 175 dirigenti, tra cui qualcuno inconsapevolmente affetto dal virus, sono saliti su vari aerei per fare ritorno a casa: a seguito di questo fatto il Covid ha potuto diffondersi in 6 stati degli Usa ed in altri 3 paesi esteri. Nel mirino ci sono però anche palestre ed attività sportive, considerate a rischio: lo sforzo fisico, infatti, porta gli individui ad espirare più vigorosamente e ad emettere, ovviamente in caso di positività al Coronavirus, più droplets infette.

Quale sarebbe dunque la soluzione? Alcuni Paesi, come il Giappone e la Corea del Sud, hanno risolto a modo loro il problema, chiedendo direttamente ai cittadini di evitare luoghi chiusi e/o affollati, e di non avere

contatti ravvicinati. La chiamano, riferisce il "Corriere", la regola delle 3C ("Closed spaces, Crowded places, Close-contact settings") e sarebbe utile per evitare i già citati eventi di supercontagio.

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