"Ormai ho perso il conto delle ore di lavoro". È stremato e con le energie in esaurimento l'infettivologo dell'ospedale San Matteo di Pavia dove, dallo scorso venerdì 21 febbraio, è ricoverato nel reparto di Rianimazione, il 'paziente 1' di Codogno.
Ottanta ore in trincea. Più che una vocazione, quella del medico è diventata una vera propria missione nei giorni della pandemia coronavirus. Un tempo infinito quello trascorso nel reparto di Infettivologia: in 5 giorni non ha mai tolto copricamice, calzari e mascherina FFP2, neanche per un minuto. È lui ad occuparsi di Mattia, il podista 38enne di Castiglione d'Adda affetto da Covid-19 e dal quale sarebbe cominciato il contagio nel lodigiano. Ma, al momento, si tratta solo di ipotesi. E anche per la terapia si brancola nel buio.
"Le cure sono le stesse di tutti i malati più gravi ricoverati in terapia intensiva - dichiara l'infettivologo del San Matteo alle colonne del Corriere della Sera - Per il coronavirus non c'è una cura specifica perché è un nuovo virus passato all'improvviso dall'animale all'uomo. Stiamo usando terapie empiriche in modo ragionato".
In attesa di un vaccino ad hoc, ci si affida ai farmaci già testati contro epidemie altamente virali quali, ad esempio, quelli usati per contrastare l'Hiv: "Stiamo somministrando un cocktail di medicinali - spiega il medico - tra i quali c'è anche un faarmaco contro l'Hiv che non utilizzavamo più e ora abbiamo riacquistato. Lo somministriamo due volte al giorno. Poi c'è la Ribavirina, un vecchio antivirale utilizzato per l'influenza, che diamo anche questo due volte al giorno. Infine, ci sono gli antibiotici per prevenire le infezioni batteriche che somministriamo quattro volte al giorno".
Stupisce la scelta di utilizzare un farmaco contro l'Hiv, medicinale inflazionato da tempo ma, a quanto pare, non vi sono alternative di scelta. "Al momento dobbiamo accontentarci dei risultati preliminari che sono incoraggianti - continua l'infettivologo - Il principio attivo è il Lopinavir, un antiretrovirale che appartiene alla classe degli inibitori della proteasi, un enzima presente sia nell'Hiv sia nel coronavirus. Sono cure che si sono dimostrate efficaci in laboratorio. E che già hanno usato in Cina e Corea".
Ma Mattia non è l'unico caso positivo. Ci sono i pazienti ricoverati in reparto, quelli che arrivano in Pronto Soccorso e quelli che chiamano da casa per ricevere assistenza. "Decine e decine di persone arrivano in Pronto Soccorso perché dicono di essere entrati in contatto con possibili contagiati. - prosegue il dottore - Fino a domenica dovevamo fare il tampone a tutti. Per fortuna, ora li facciamo solo a chi manifesta sintomi in modo da non sprecare tempo e kit di diagnosi. Fino a qualche giorno fa, al 112 rispondevamo ogni 45 secondi, oggi passono 14 minuti: l'agitazione è alle stelle".
Nonostante la rapida diffusione del virus - circa 70 nuovi casi al giorno - l'infettivologo preferisce non ingenerare allarmismo.
"Di positivo c' è che, almeno nell' 85% dei casi, il Coronavirus non dà alcun problema, - rassicura - oltre a un banale stato influenzale. All' incirca nel 15% dei casi, invece, può portare a complicazioni, ma come le istituzioni ripetono da giorni in pazienti per lo più anziani".
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