Così il bonus M5s sta distruggendo il Paese che lavora

A causa della crisi conseguente al Covid-19, negli ultimi mesi in Italia il numero delle pensioni ha superato quello dei salari. A certificarlo è la Cgia di Mestre con una ricerca basata sull'elaborazione dei dati diffusi da Inps e Istat.

A causa della crisi conseguente al Covid-19, negli ultimi mesi in Italia il numero delle pensioni ha superato quello dei salari. A certificarlo è la Cgia di Mestre con una ricerca basata sull'elaborazione dei dati diffusi da Inps e Istat. Tutto questo è assai preoccupante, dato che un simile sorpasso è la conseguenza al

tempo stesso di una notevole riduzione degli occupati e di un aumento di coloro che ricevono un trattamento previdenziale.

Oltre alle difficoltà economiche di questa fase caratterizzata dall'epidemia, che ha moltiplicato il ricorso alla cassa integrazione e falcidiato l'occupazione a tempo determinato, una parte della responsabilità si deve all'introduzione di Quota 100: una scelta irresponsabile del precedente governo, che ha reso ancora più incerte le prospettive del sistema pensionistico. Non a caso, come è stato riferito da alcune ricostruzioni, nel dialogo delle scorse ore tra il premier Giuseppe Conte e il leader olandese Mark Rutte quest'ultimo avrebbe chiesto, tra le riforme necessarie per ottenere il via libera agli aiuti europei, proprio una revisione di Quota 100 che inizi a mettere al sicuro i conti pubblici.

È improbabile che il Nord Europa più serio e frugale riesca a imporre le proprie logiche al governo di Roma, che ha sempre più bisogno di comprare il consenso con politiche demagogiche. Come già in passato, è facile attendersi che, alla fine, a Bruxelles si accontenteranno di vaghe promesse. La situazione resterà, insomma, invariata e a pagarne le conseguenze, una volta di più, saranno le giovani generazioni. Per giunta, evidenzia la nota della Cgia, abbiamo a che fare con un declino demografico che non promette nulla di buono. Come sottolinea Paolo Zabeo, «con culle vuote e un'età media della popolazione sempre più elevata, nei prossimi decenni avremo una società meno innovativa, meno dinamica e con un livello e una qualità dei consumi interni in costante diminuzione».

Nemmeno si può dire, ricordando il titolo di un film, che l'Italia si appresti a essere «un paese per vecchi». Con pochi lavoratori attivi e forti incentivi ad emigrare, quanti sono a carico del sistema previdenziale patiranno le conseguenze negative di tali politiche assistenziali. Se nessuno lavora, infatti, chi pagherà le pensioni? Come sempre, per giunta, la situazione è drammatica ovunque, ma particolarmente nel Sud, se si considera che tutte le regioni meridionali hanno un saldo negativo (mentre al Nord è in tale situazione soltanto la Liguria).

Cosa bisognerebbe fare? Bisognerebbe favorire l'occupazione: maschile e femminile, qualificata e no, del Nord e del Sud, giovane e anziana.

E allora si dovrebbero abbassare le tasse, liberalizzare il mercato del lavoro, garantire la libertà d'impresa, eliminare il reddito di cittadinanza e ogni altro incentivo a non lavorare. Non aspettiamoci nulla di questo, però, da quanti ci governano ora.

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