Qualcuno inizia a fare bilanci. Papa Francesco è stato eletto pontefice della Chiesa cattolica nel febbraio del 2013, sono dunque passati più di sette anni da quando Jorge Mario Bergoglio siede sul soglio di Pietro. San Giovanni Paolo II è stato papa per quasi ventisette anni. Benedetto XVI, invece, per quasi otto. L'ex arcivescovo di Buenos Aires governa la Chiesa universale, dopo essere succeduto ad un pontefice dimissionario ed oggi emerito. Ratzinger ha proprio creato ex novo la figura dell'emerito. Com'è noto, la situazione non pecca di aticipità. Qualunque sia stata la condizione di partenza, tra gli analisti, in funzione di questo settenato, c'è già chi fa delle valutazioni. Un ragionamento condiviso: in linea di principio, anche noi abbiamo notato come la pandemia da Covid-19, e il conseguente blocco dei viaggi per il Santo Padre, abbia influito sulla spinta riformistica e sulla diffusione delle tematiche pastorali. Si tratta di un aspetto di cui tenere conto.
La Civiltà Cattolica, la rivista dei gesuiti diretta da padre Antonio Spadaro che viene ritenuto lo "spin doctor" del papa sudamericano, si è domandata, nel suo ultimo quaderno, se la "spinta propulsiva" di papa Francesco fosse "ancora attiva": è più o meno la domanda che abbiamo posto a coloro che abbiamo deciso di ascoltare per questo approfondimento. La citata riflessione della rivista è peraltro proprio a firma di Spadaro. Le aspettative, quando Jorge Mario Bergoglio si è affacciato per la prima volta alla finestra che dà su piazza San Pietro, guardavano alla "rivoluzione". Uno sconvolgimento che avrebbe dovuto riguardare tanto la vita interna degli ambienti ecclesiastici quanto la dottrina. Queste, almeno, erano le speranze del "fronte progressista" e, per quanto in una prima fase anche i conservatori abbiano guardato con attenzione e favore all'azione di Francesco, in specie sulla scia della spinta riformistica che comunque aveva contraddistinto il pontificato di Joseph Ratzinger, è possibile notare come molti elementi siano cambiati, nei giudizi degli esperti, dal Conclave del 2013 ad oggi.
Uno dei focus principali del periodo appena trascorso sarebbe dovuto essere quello sulla riforma della Costituzione apostolica. Ci sta lavorando il C9, ossia il consiglio ristretto di cardinali voluto da papa Francesco poco dopo il Conclave. Poiché quel testo dovrebbe riordinare anche gerarchicamente le Congregazioni, in Curia pare esserci una certa attesa, ma niente è stato ancora ufficializzato. E questo delle "mancate riforme" è uno dei cavalli di battaglia utilizzati tanto dal "fronte progressista", almeno di quella meno incline a rimanere nello status quo, quanto dal "fronte conservatore". Questo è solo uno dei dossier importanti. Ma in queste sette anni, prescindendo da quello che accadrà, c'è stata o no questa "rivoluzione"?
Il dibattito sulla "spinta propulsiva"
Rosario Vitale, che un religioso dei missionari del Sacro Cuore, pensa che "troppo spesso questo sostantivo (rivoluzione) viene utilizzato impropriamente, e questo potrebbe essere uno dei casi. È troppo semplice parlare di rivoluzione quando si analizza un pontificato e forse per certi aspetti è anche segno di superficialità a mio avviso. No, nella maniera più assoluta, io penso che l’attuale pontificato non sia “rivoluzionario”, ma anzi, esattamente in linea con i precedenti, forse papa Francesco ci ha abituati ad uno stile decisamente più sobrio, in linea con i tempi, ma mi pare eccessivo parlare per questo di rivoluzione, o peggio ancora di cambiamenti epocali, come qualcuno ha voluto farci credere in questi anni". Jorge Mario Bergoglio, insomma, non avrebbe sconvolto l'istituzione "Chiesa", come più di qualcuno, in specie nella sinistra culturale, si sarebbe auspicato. La Chiesa cattolica si difende, ma non erge mura. Alla domanda sul termine della "spinta propulsiva", Vitale replica, sostenendo che "...ci si possa aspettare molto. Qualche mala lingua ha recentemente descritto un papa stanco e ormai, “mediaticamente morto”. Come se il ministero petrino possa essere “misurato” da qualche giornale di gossip o, peggio ancora, dagli indici di ascolto...". "La Costituzione Apostolica, la famosa riforma della curia romana, a cui il papa e il consiglio dei cardinali sta lavorando sarà un altro tassello importante, che andrà a consolidare certi aspetti e che darà, per rispondere alla sua domanda, una ulteriore spinta propulsiva per il bene della Chiesa e per il popolo di Dio", aggiunge il religioso.Ma c'è anche chi, da parte tradizionalista, la pensa esattamente al contrario: "Francesco ha tagliato tutti i rami dell'albero su cui è seduto. La prima parte del pontificato ha esaltato il ruolo del pontefice, ma così facendo è stata depotenziata la Chiesa in quanto istituzione...", ci ha detto una fonte che ci tiene a rimanere anonima. E ancora: "Quello che alcuni hanno chiamato "effetto Bergoglio" è terminato, sempre che sia mai esistito". Perché? "Che fine ha fatto il dossier che Ratzinger ha lasciato in dote a Bergoglio per risolvere gli scandali. Non se n'è più parlato, ci viene fatto notare". Il dibattito negli ambienti ecclesiastici è aperto. E gli "schieramenti vaticani" finiscono con il dividersi anche attorno a quanto fatto da Francesco in queste sette anni.
La delusione del mondo progressista
I progressisti pensavano che questo pontificato sarebbe stato sinonimo di "riforme". In parte, è andata così. Si pensi ad esempio a quante cose sono cambiate in materia di tradizione: l'attuale assise cardinalizia non è stata scelta con i criteri del passato. E anche gli uomini che Bergoglio pone a capo delle diocesi sembrano corrispondere a criteri originali. Si direbbe che il papa tende a selezionare "teologi del popolo". Ma la "rivoluzione" di Francesco non ha riguardato alcune delle battaglie care alla fronda della sinistra ecclesiastica. La spia accesa - quella che mostra come non tutte le aspettative siano state rispettate - è il "Sinodo interno" dell'episcopato tedesco. Quello per cui viene ventilato il rischio scisma. La Chiesa cattolica tedesca sta provando ad approvare in patria quello che vorrebbe vedere approvato dalla Chiesa universale. Dal nuovo rapporto tra la dottrina e l'omossessualità alla scalata alle gerarchie ecclesiastiche da parte delle donne, passando per la gestione laica delle parrocchie, con maggiori responsabilità da destinare a persone non consacrate, e da altre apertura di stampo riformista: il cardinale Reinhard Marx, che si è dimesso da presidente dei vescovi di Germania, è intenzionato a procedere con l'appuntamento nazionale che vuole approvare novità significative in modo autocefalo. Ma la questione più sentita è un'altra: l'abolizione del celibato sacerdotale. Sempre i progressisti pensavano che il Sinodo per l'Amazzonia fosse l'occasione giusta per l'avvio di una svolta storica su una delle regole basi dell'essere un sacerdote, ma non è andata così. Bergoglio ha anzi specificato che non sarà sotto il suo pontificato che il celibato sacerdotale verrà abolito. E questo non può che spazientire le correnti dottrinali che hanno sempre posto degli accenti sull'urgenza di questa misura. Neppure i prossimi Sinodi, dunque, dovrebbero modificare una regola che Ratzinger ha difeso con l'opera a quattro mai scritta, in una fase delicata, con il cardinal Robert Sarah. La Germania, però, non ci sta, e va dritta per la sua strada. Bergoglio si è dimostrato meno incline ad assecondare la sinistra ecclesiastica rispetto a quanto quest'ultima si sarebbe aspettata.
La battaglia del mondo conservatore
Al contrario, dopo qualche sensazione positiva iniziale, l'emisfero conservatore è divenuto apertamente critico nei confronti dell'operato dell'ex arcivescovo di Buenos Aires. L'opposizione - come viene chiamata - è nata in seguito alla pubblicazione di Amoris Laetitia, l'esortazione apostolica che ha aperto alla comunione per i divorziati risposati. Poi, è stato tutto un crescendo, con la presentazione di documenti volti alla correzione di prese di posizione pontificie. In più, i conservatori hanno organizzato delle vere e proprie iniziative di contrasto, soprattutto delle conferenze pubbliche, che hanno persino fatto pensare ad un "complotto". Sono stati per lo più i laici a segnalare un certo malcontento. Un'accusa - questa di "complotto" - che, nei confronti del mondo conservatore, viene scagliata di tanto in tanto dalla stampa progressista. "Complotti", sino a questo momento, non sembrano essersi palesati. A differenza delle rimostranze nei confronti di una "spinta propulsiva" che stava sconvolgendo la Chiesa per come questo "fronte tradizionale" la concepisce. Ora come ora, il mondo conservatore, sembra impegnato a cercare di evitare che anche il futuro dell'Ecclesia sia costituito dalle istanze "bergogliane", così come sono state definite. C'è pure chi non si nasconde, tracciando mediante la pubblicazione di libri alcuni profili sul prossimo vescovo di Roma, che nelle intenzioni del "fronte tradizionale" non potrebbe che restaurare quanto "rivoluzionato" dalla "spinta propulsiva" di Francesco. Ma questa può essere anche una semplificazione di un moto che spera che la Chiesa smetta di andare "incontro al mondo", per limitarsi ad "essere nel mondo", ossia all'affrontare soprattutto problematiche di natura spirituale, sventendosi dei panni di "Ong". Da destra, infatti, spesso ci si è soffermati su come questo pontificato, sposando l'accoglienza dei migranti erga omnes, l'ambientalismo alla Greta Thunberg e la materia economica, abbia sostanzialmente rivisitato il ruolo che l'Ecclesia è chiamata ad esercitare nel mondo. Ma si tratta, appunto, di una critica di parte mossa da chi ritiene che la Chiesa si stia trasformando in qualcosa di simile ad una Organizzazione non governativa.
L'"isolamento di Bergoglio"
La pandemia ci ha messo del suo, ma oggi l'immagine del papa, anche se non soprattutto nel senso interpretativo della capacità d'incidere, è di sicuro diversa rispetto a quella iniziale. Tra coloro che hanno parlato di un papa Francesco "isolato", vale la pena annoverare il Wall Street Journal, che certo non ha la fama di un quotidiano populista o sovranista. Oltre al blocco dovuto alla pandemia, in effetti, la doppia delusione - quella progressista e quella conservatrice - potrebbe aver prodotto un effetto: un papa meno sostenuto dall'interno. Si tratta di una mera ipotesi, ma il doppio fuoco potrebbe innescare un processo di ridimensionamento. Forse. C'è stato un frangente in cui Bergoglio è sembrato disposto a tendere la mano all'ala conservatrice: quando ha scritto una lettera al cardinale Gherard Ludwig Mueller, ex prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede cui lo stesso vescovo di Roma non ha tuttavia rinnovato l'incarico dopo il primo mandato. I progressisti possono aver pensato che il papa stesse cedendo terreno a sinistra, nella ricerca di un nuovo alleato meno battagliero sull'urgenza delle riforme dottrinali. Questa questione dello stop alla "spinta propulsiva", insomma, può essere letta in almeno due modi: per la sinistra ecclesiastica può significare un tergiversare da combattere con iniziative interne, come il "Sinodo" tedesco; la destra ecclesiastica, di rimando, potrebbe accogliere questo "stop" alla stregua di qualcosa di positivo.
Non sarà Jorge Mario Bergoglio, del resto, ad abolire il celibato sacerdotale. E questo è solo uno dei tanti esempi possibili attorno a quello che per i progressisti sarebbe potuto accadere e che, per fortuna dei conservatori, non si è verificato o non si è ancora verificato.
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