Così tre donne guidano la Ue oltre il potere al maschile

Al giorno d'oggi, le critiche nei confronti dei politici abbondano. Forse la più frequente è il rimprovero per la mancanza di una leadership chiara, per la confusione di idee e le posizioni altalenanti

Così tre donne guidano la Ue oltre il potere al maschile

Al giorno d'oggi, le critiche nei confronti dei politici abbondano. Forse la più frequente è il rimprovero per la mancanza di una leadership chiara, per la confusione di idee e le posizioni altalenanti che spesso caratterizzano coloro che hanno il compito di prendere decisioni per le nostre società. Tuttavia, al di là dei giudizi arbitrari, un'analisi più attenta rivela una chiara leadership, soprattutto tra una certa fascia demografica della popolazione: le donne. Perché nonostante le statistiche piuttosto scoraggianti in termini di rappresentanza femminile ai più alti livelli della politica - a settembre, le donne ricoprivano la carica di capo dello Stato solo in 15 nazioni e di capo del Governo in 16 - continuiamo a vedere dei progressi.

Anche se la strada da percorrere è ancora lunga, siamo lontani dal mondo romano classico del primo secolo che l'autrice Mary Beard descrive nel suo libro «Donne e potere», in cui una donna di nome Maesia era in grado di difendersi nei tribunali solo «perché aveva davvero una natura maschile». Lontano dal mondo in cui Golda Meir, una delle fondatrici dello Stato di Israele che sarebbe diventata l'unico primo ministro donna, era «l'unica donna nella stanza» (divenuto poi il titolo della sua biografia). Lontano dal mondo del 2005 in cui Larry Summers - allora presidente dell'Università di Harvard, dopo essere stato capo economista della Banca Mondiale e segretario al Tesoro degli Stati Uniti - suggeriva che la mancanza di rappresentanza femminile in alcune discipline fosse dovuta a «differenze innate» tra uomini e donne: l'anno scorso, la matematica Maryna Viazovska ha vinto la prestigiosa Medaglia Fields; e il mese scorso, l'economista americana Claudia Goldin ha ricevuto il Nobel per l'Economia per la sua ricerca innovativa - proprio sul gender gap, il divario nella retribuzione fra uomini e donne.

Oggi non mancano le donne forti al potere; infatti, le personalità più dinamiche dell'attuale schieramento dell'Unione Europea sono proprio donne. Si va da Giorgia Meloni nel Sud al primo ministro estone Kaja Kallas nel Nord, con l'esempio generale della presidente della Commissione Ursula von der Leyen. Queste leader sono la prova di una nuova tendenza: piuttosto di adottare la strategia del ripiegamento su se stessi spesso associata all'Europa (e non solo), hanno preferito prendere posizioni precise e inequivocabili - anche se non sempre popolari - e mantenerle. Sono esempi di leadership chiara in un momento di grande incertezza.

Non si può certo dire che Giorgia Meloni non sia una donna forte. Non è estranea alle critiche: pur avendo adottato un approccio molto più pragmatico di quello pubblicizzato in campagna elettorale - cercando la collaborazione con Bruxelles e sostituendo l'ammirazione per personaggi discutibili con le manifestazioni di sostegno per Volodymyr Zelensky e Joe Biden - è stata intransigente nel difendere gli interessi dell'Italia. Nonostante le preoccupazioni per il declino della democrazia in Algeria a seguito di un accordo da 900 milioni di euro tra Tunisi e la Ue (con un focus sull'immigrazione), la Meloni ha salutato la collaborazione come «un modello per l'instaurazione di nuove relazioni con il Nord Africa». Con il Piano Mattei del suo governo - che prende il nome dal fondatore del colosso statale del petrolio e del gas Eni - per promuovere la collaborazione energetica con i Paesi africani, la Meloni ha presentato l'Italia come un hub energetico naturale per l'Europa e un ponte verso il Sud del mondo. Al Vertice del G20 di settembre, quando è stato annunciato il Corridoio economico India-Medio Oriente-Europa per collegare l'India all'Europa attraverso il Medio Oriente (nel tentativo di presentare una valida alternativa alla Via della Seta cinese), la Meloni ha proclamato che l'iniziativa avrebbe consentito un «significativo protagonismo italiano nella rete di connessioni energetiche, fisiche e digitali». La sua ultima audace mossa è la proposta di riformare la Costituzione, nel tentativo di portare stabilità al governo di Roma, storicamente afflitto dal problema opposto.

Nel Nord del continente, la premier estone è stata altrettanto determinata: Kaja Kallas aveva avvertito senza ambiguità la minaccia rappresentata da Putin ben prima della sua invasione su larga scala dell'Ucraina. Dal febbraio 2022, ha portato il suo Paese a diventare uno dei più strenui difensori di Kiev e al contempo fervidi critici del Cremlino. È stata una delle voci più forti durante il dibattito sulle sanzioni della Ue (ha fatto pressione per le sanzioni dal 2021 in risposta alle violazioni dei diritti umani da parte di Mosca) ed è stata una delle più persuasive nel chiedere l'unità europea di fronte all'aggressione della Russia. Per rafforzare le sue richieste di una risposta forte a Putin, ha aumentato la spesa per la difesa di Tallinn al 3% del Pil per il periodo 2024-2027 (l'Estonia rimane uno degli pochi Paesi Ue che supera l'obiettivo del 2% della Nato). La Kallas è stata ampiamente acclamata per la sua forza d'animo e la sua risolutezza: è stata nominata da «Politico» una delle persone più influenti in Europa nel 2023, opportunamente classificata tra i primi 5 «Doers», la categoria che racchiude i leader che detengono formalmente il potere.

In termini di impatto, tuttavia, la leadership della presidente della Commissione europea non ha eguali. Ursula von der Leyen ha guidato l'Ue in uno dei periodi più incerti della nostra storia: la crisi del Covid, seguita dall'invasione dell'Ucraina da parte della Russia e, attualmente, dalla guerra Israele-Hamas. Il suo ruolo nel guidare l'Unione attraverso una sfida dopo l'altra ha trasformato la Commissione nell'organismo responsabile, di fatto, della gestione delle crisi. Durante la pandemia, la Von der Leyen ha orchestrato l'acquisto congiunto di vaccini - per il quale è stata in seguito criticata - e ha stabilito i requisiti sanitari per i viaggi all'interno della Ue. Inoltre ha guidato l'innovativa risposta di ripresa economica - «Next Generation EU» - finanziata attraverso un prestito congiunto mai visto prima.

Quando Vladimir Putin ha deciso di lanciare una guerra totale contro il suo vicino, la presidente della Commissione è stata risoluta nel sostenere l'Ucraina e nel condannare Mosca, guidando gli sforzi per imporre una serie di sanzioni contro la Russia, anche di fronte alle resistenze. Dopo l'attacco terroristico di Hamas in Israele, la Von der Leyen è stata ferma nel sostenere Israele e nel riaffermare il suo diritto all'autodifesa: tra le crescenti censure per quello che i critici considerano un innegabile pregiudizio pro-israeliano, ha ribadito la sua posizione.

In un'epoca in cui prevalgono il dubbio e la confusione, i leader più forti sono quelli che sono in grado di tracciare un percorso da seguire e di mantenerlo; quelli che portano chiarezza e lucidità. Le sfide di oggi richiedono forza di idee e forza di volontà.

Queste caratteristiche sono sempre più presenti nelle donne che ci guidano. L'osservazione ironica della defunta Margaret Thatcher sembra essere vera: «Se vuoi che qualcosa venga detto, chiedi a un uomo; se vuoi che qualcosa venga fatto, chiedi a una donna».

traduzione a cura di Marco Zucchetti

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