Gruppo sanguigno e genetica: chi colpisce la tempesta Covid

Uno studio italiano ed uno europeo stanno cercando di dimostrare se esistono relazioni tra il virus e predisposizioni genetiche. Più scettico il Prof. Dallapiccola, genetista al Bambino Gesù, secondo il quale è più determinante l'aspetto ambientale. Ecco cosa ci ha detto

Gruppo sanguigno e genetica: chi colpisce la tempesta Covid

La genetica di ognuno di noi influenza in modo determinante la nostra vita: ci "costruisce" dalla nascita decidendo il colore dei capelli, degli occhi, l'altezza ed infinite altre cose. I geni hanno un ruolo determinante anche per le malattie, proteggendoci o esponendoci maggiormente per una o più patologie. Sembra possa essere così anche nel caso del nuovo Coronavirus.

Lo studio italiano

"La nuova identificazione delle basi genetiche della suscettibilità di Covid-19 aiuterà il trattamento e la prevenzione": si intitola così una ricerca made in Italy partita dall'Università di Siena. ll progetto si è sviluppato grazie alla collaborazione di 35 ospedali in tutta Italia con l'obiettivo di analizzare il Dna di duemila persone entro l'estate. I risultati sui primi 130 pazienti sono presentati alla conferenza della società europea di genetica umana da Alessandra Renieri, docente del dipartimento di Biotecnologie mediche dell'Università di Siena, da poco nominata membro della commissione per le Terapie avanzate dell'Ema, l'Agenzia europea del farmaco.

Il progetto Gen-Covid. La professoressa Renieri, anche direttrice dell'Unità di genetica medica presso l'ospedale universitario di Siena, ha spiegato in cosa consiste il progetto Gen-Covid del suo team, volto a raccogliere campioni genomici da pazienti Covid in tutta Italia per cercare di identificare le basi genetiche che hanno mostrato un alto livello di variabilità da paziente a paziente. Utilizzando il sequenziamento dell'intero esoma (Wes) sui 130 pazienti Covid di Siena e di altre istituzioni toscane, sono stati in grado di scoprire una serie di comuni geni di suscettibilità che erano collegati ad un risultato favorevole o sfavorevole dell'infezione. "Riteniamo che le variazioni di questi geni possano determinare la progressione della malattia", ha affermato la dottoressa Renieri. "Per quanto ne sappiamo, questo è il primo rapporto sui risultati di Wes a Covid-19".

La scoperta. La ricerca di geni comuni nei pazienti affetti dal Covid-19 contro un gruppo di controllo non ha dato risultati statisticamente significativi a parte che per alcuni geni. In questo caso, i ricercatori hanno deciso di trattare ogni paziente come un caso indipendente seguendo l'esempio del disturbo dello spettro autistico. "In questo modo siamo stati in grado di identificare per ogni paziente una media di tre mutazioni patogene (che causano malattie) coinvolte nella suscettibilità all'infezione da Covid", afferma la Renieri. "Questo risultato non è stato inaspettato, poiché già dagli studi sui gemelli sapevamo già che Covid-19 ha una forte base genetica".

I trattamenti. Anche se il virus colpisce ogni individuo in modo diverso, non è escluso che lo stesso trattamento sia efficace in molti casi. Come già trattato su Ilgiornale.it, c'è una proteina specifica che il virus utilizza per infettare le cellule sane. “Il modello che stiamo proponendo include geni comuni ed i nostri risultati ne indicano alcuni: ad esempio, Ace2 rimane uno dei principali obiettivi", afferma la genetista. "Tutti i nostri pazienti Covid hanno una proteina Ace2 intatta ed il percorso biologico che coinvolge questo gene rimane un obiettivo principale per lo sviluppo di farmaci". Comprendere il profilo genetico dei pazienti può consentire specifici approcci terapeutici contro Covid-19 ed accelerare lo sviluppo di nuovi farmaci antivirali: inoltre, la ricerca futura si potrà basare anche sullo sviluppo di una 'Covid Biobank' accessibile ai partner accademici e del settore.

"Pandemia legata più a fattori ambientali che genetici"

Sul rapporto che lega il Covid-19 alla genetica appare più scettico il Prof. Bruno Dallapiccola, Direttore scientifico dell'Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, Professore ordinario di genetica medica ed il responsabile dell’interfaccia italiana di Orphanet, il più importante database a livello mondiale per le malattie rare. In esclusiva per il Giornale.it ci ha spiegato alcune cose molto interessanti. "Personalmente, non ritengo che ci sarà una risposta significativa da queste indagini genomiche che alcuni gruppi di lavoro stanno facendo", ha affermato, spiegando il perché. "Credo che la percentuale in cui possa incidere la genetica sia bassa, non perché sono un indovino ma perché si sta vedendo che la diffusione della pandemia è legata più ad aspetti ambientali che a qualcosa di genetico", ci ha detto Dallapiccola. "Non voglio dire che non sia importante fare studi genetici e se le caratteristiche genetiche dell'ospite ci possano aiutare a capire, ma temo che la malattia non si risolverà con le conoscenze genetiche ma con lo sviluppo di un vaccino che funzioni".

Fattore ambientale determinante. Il Prof. Dallapiccola ha spiegato che "le malattie si dividono in due grandi categorie: malattie ambientali e malattie dovute a fattori genetici. L'esempio più tipico è rappresentato dalle malattie infettive che sono ambientali ma certamente hanno anche la loro importanza le caratteristiche dell'ospite, cioè della persona che viene infettata". Anche nel caso del Covid-19, l'ambiente potrebbe essere stato determinante per la diffusione della malattia nel mondo. "Siamo in presenza di una pandemia, cioè di una patologia a diffusione mondiale con un'incredibile facilità di contagio tra soggetti e va considerato anche il fatto che, nella distribuzione geografica della malattia nel nostro Paese, ci sono dei fattori che creano quantomeno dei sospetti sui meccanismi", afferma il Prof, sottolineando come l'inquinamento delle aree settentrionali possa essere stato determintante. "Il dato curioso è che, in Italia, le zone più industrializzate siano state più attaccate da quest'infezione rispetto a quelle non compromesse".

inquinamento
Inquinamento pre-Covid, mappa satellitare del marzo 2019

Diffrenza Milano-Ferrara. Il Prof. Dallapiccola ci ha fatto un esempio semplice ma significativo per capire che la genetica, nel caso del Covid, potrebbe davvero avere un aspetto molto marginale. "Non mi aspetto che uno studio effettuato sulla popolazione di Milano e di Ferrara (come viene spiegato in un pezzo del nostro giornale, ndr), meno contaminata dal virus, porti a delle differenze genetiche tali da giustificare qualcosa di rivoluzionario", ha detto. "Il fatto che in Italia sia stata colpita maggiormente la Pianura Padana rispetto a province meno industrializzate, anche dell'Emilia, o di altre parti d'Italia come il Sud e le Isole, meno industrializzate e meno inquinate, fa pensare che la componente ambientale sia stata fondamentale".

"Ci vogliono grandi numeri". Un altro limite della ricerca genetica può essere rappresentato dal numero dei "campioni", cioè su quante persone si fanno le ricerche per poter arrivare ad una conclusione attendibile. "Quando si fanno studi di associazione di malattie complesse, la chiave di lettura è capire i numeri che sono in gioco: dovremmo avere decine di migliaia di campioni arruolati di soggetti infetti e non infetti per capire se ci sono delle differenze che si associano in maniera significativa", ci ha detto il Prof. "Se si dimostra l'associazione, bisogna capire se riguarda una variazione genetica o un marcatore che sia raro, presente nell'1% o meno della popolazione".

Il dilemma del gruppo sanguigno

È di pochi giorni fa la notizia che il gruppo A sarebbe più esposto ad infezione rispetto al gruppo 0 secondo i risultati di uno studio europeo: secondo la ricerca pubblicata su Medrxiv ed in fase di revisione, far parte del gruppo A aumenterebbe un rischio del 50% di dover ricorrere all'ossigeno o ad una ventilazione polmonare in caso di Covid-19. Come riportato da Focus, l'equipe coordinata da Andre Franke, genetista molecolare dell'Università di Kiel in Germania, ha collaborato con medici italiani e spagnoli per raccogliere campioni di sangue da 1.610 pazienti che hanno avuto bisogno di ossigeno o di ventilazione assistita. I ricercatori hanno estratto il Dna dai campioni ed hanno cercato le peculiarità del corredo genetico dei pazienti confrontandolo con quello di oltre 2.200 donatori di sangue sani. In pratica, si è appurato che un numero elevato di pazienti positivi presentasse le stesse varianti genetiche rispetto a chi non aveva l'infezione. Anche ricercatori cinesi, un paio di mesi fa, avevano messo in evidenza un rischio più grave per i pazienti con questo tipo di sangue.

gruppo sanguigno

Scetticismo generale. Come altri suoi colleghi, anche il Prof. Dallapiccola ha espresso tutti i suoi dubbi. "Questi risultati mi lasciano perplesso perché stiamo considerando un gruppo sanguigno presente nel 40% della popolazione", afferma, specificando che visto che si tratta di un "polimorfismo (variazione genetica che va oltre l'1% della popolazione, ndr) presente nel 40% della popolazione, incomincio ad avere dei dubbi sul fatto che il risultato di questi studi abbia un impatto sulla decisione della storia naturale di questa malattia".

"Virus largamente condiviso". Etnie diverse, popolazioni ed aree geografiche hanno notevoli differenze genetiche di base. Da qui, la difficoltà di stabilire una correlazione diretta con il virus. "Per studi di questo tipo, bisogna arruolare un gran numero di controllo di etnie, popolazioni e grandi numeri di soggetti colpiti dal virus per vedere chi è colpito rispetto a chi non lo e vedere le associazioni con marcatori genetici diversi - ha sottolineato Dallapiccola. - È difficile a priori sapere cosa ci possiamo attendere, la diffusione a livello mondiale mi fa immaginare che ci sia un'associazione con qualcosa che è molto comune nelle popolazione perché il virus è largamente condiviso".

Genetica semplice e complessa

"Le differenze dei genomi individuali sono nell'ordine di milioni di lettere. Una lettera modificata in un gene malattia modifica tutta la malattia", ci ha spiegato il prof. per farci comprendere la complessità del genoma e quali sono le differenze principali. "La genetica dei caratteri semplici è dove avviene una variazione su tre miliardi di lettere che spiega tutto. La genetica dei caratteri complessi, invece, è l'effetto additivo, cioè la sommatoria di fattori ambientali e di fattori genetici che contribuiscono ad un fenotipo complesso".

Genetica ed Hiv. Nelle malattie, la percentuale tra queste dure interazioni (ambiente e genetica) è variabile in base al tipo di infezione che viene considerata. Nell'Hiv, ad esempio, "la variazione genetica del gene Ccr5 determina la suscettibilità o la resistenza di una persona nei confronti di questa infezione. Non c'è dubbio che alcune caratteristiche genetiche individuali possano modificare la resistenza o la sensibilità all''infezione".

L'importanza della tecnologia. La conoscenza della genetica permette di prevenire le malattie ed è possibile grazie ad una "rivoluzione tecnologica", come l'ha definita Dallapiccola, "che consente a delle macchine straordinarie di sequenziare il genoma in tempi rapidi per avere informazioni utili a livello diagnostico nei pazienti che hanno il sospetto di malattie genetiche ma senza diagnosi a livello clinico". Ebbene, al giorno d'oggi, nel 50-60% dei casi è possibile avere delle diagnosi. Le ricerche sul Covid potrebbero avere una finalità analoga se si riuscisse a trovare l'esistenza di un recettore particolare nel genoma delle persone colpite o una variante che non c'è o è meno presente nelle persone meno colpite, così da avere un "meccanismo di comprensione migliore del modo in cui la malattia aggredisce l'uomo e trovare sistemi di protezione per le persone meno protette dal punto di vista genetico. Come è capitato per il Ccr5 ed Hiv".

Insomma, piccolo o grande che sia, un legame con la genetica esiste sempre.

Nel modello modello multifattoriale che riguarda il Covid, "bisogna capire quanto è importante il fattore ambientale con le caratteristiche genetiche dell'ospite, quanto è improtante l'uno e quanto è importante l'altro", conclude.

Dna

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