Covid, arriva il vaccino "personalizzato": ecco come funziona

Una nuova strategia vaccinale potrebbe aiutare fragili e immunodepressi per i quali le cure con antitumorali abbassano l'efficacia prodotta dal vaccino: ecco come funziona

Covid, arriva il vaccino "personalizzato": ecco come funziona

Una nuova strategia vaccinale potrebbe prendere piede se lo studio condotto dall'Università del Piemonte Orientale confermerà i risultati attuali: un vaccino "personalizzato" in base al numero effettivo di anticorpi neutralizzanti contro il Covid.

Un nuovo piano vaccinale

Se è vero, come ci accorgiamo ogni giorno, che i vaccini salvano le vite soprattutto delle categorie più a rischio, le persone fragili e sottoposte a cure farmacologiche importanti potrebbero necessitare di cure specializzate compresa la somministrazione del siero contro Sars-Cov-2. Ecco perché un gruppo di virologi hanno messo a punto un sistema che valuti la risposta immunitaria nel sangue sia dopo l'infezione naturale che a seguito della risposta ai vaccini. La ricerca, tramite un test di infezione sulle colture cellulari in vitro, valuta il livello di anticorpi che riescono davvero a bloccare il virus rispetto a tutti gli altri anticorpi che non sono utili, nello specifico, contro Covid-19. Questo è possibile grazie ad una tecnologia "high-throughput", che significa ad alta prestazione numerica, e un virus geneticamente modificato in laboratorio sviluppato dall'Università di Washington e chiamato chiamato "virus chimera".

Cosa dice la ricerca

La ricerca, pubblicata su Blood Cancer Journal, ha analizzato 180 pazienti tutti contagiati con il Sars-Cov-2 nel corso delle varie ondate pandemiche: lo studio clinico è stato coordinato dad direttore dell’Ematologia dell’Università del Piemonte Orientale e dell’ospedale Maggiore della Carità di Novara, Gianluca Gaidano. I risultati hanno messo in luce quanto ipotizzato finora, e cioè l'estrema diversità della risposta immunitaria da persona a persona. Per la prima volta è stato scoperto che i pazienti non immunodepressi, coloro i quali non erano sottoposti a terapia farmacologica, hanno avuto una risposta anticorpale molto più forte. La situazione più delicata, però, rimane la gestione dei pazienti a rischio con disfuzioni del loro sistema immunitario per i quali il vaccino non dà gli effetti sperati: per loro è fondamentale capire la risposta degli anticorpi a seguito dell'infezione naturale per modulare, così, strategie vaccinali ad hoc per questa categoria di persone.

"L’approfondimento e validazione di questi risultati su coorti più ampie di pazienti 'fragili' permetterà lo sviluppo di strategie vaccinali personalizzate, anche in termini di cronologia della somministrazione del vaccino rispetto alla fase della malattia", afferma a Repubblica Marisa Gariglio, coordinatrice dei ricercatori dell'Università del Piemonte Orientale.

Come anticipato, queste indagini serviranno per aumentare la possibilità "di potenziali avanzamenti nella gestione della pandemia nelle categorie di soggetti più vulnerabili" perché questi studi dimostrano come "la somministrazione del vaccino in pazienti che non stanno assumendo la terapia anti-neoplastica potrebbe incrementare l’efficacia del vaccino", conclude.

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