La cultura del non sapere e i danni del maoismo di ritorno

La cultura del non sapere e i danni del maoismo di ritorno

Recentemente, sulla mia personal page di Facebook, ho proposto un seminario per dieci persone chiedendo la laurea e un'età compresa fra i 35 e i 55 anni. Mi hanno risposto in molti, ma ci sono state anche persone che non intendevano partecipare però mi accusavano di discriminare con la laurea e l'età, e che avrei dovuto ammettere tutti. Queste risposte mi hanno fatto venire in mente il governo e la proposta di togliere il numero chiuso a Medicina, quelli che vorrebbero accogliere tutti i migranti dell'Africa e dell'Asia, coloro che vogliono togliere i voti dalle scuole perché discriminano fra i preparati e gli impreparati, quelli che sono contrari al sapere e alla cultura «perché - dicono - uno con la quinta elementare può essere meglio di uno con tre lauree». Quelli che sostengono che i sapientoni dovrebbero andare a scuola dal popolo e seguire le sue indicazione perché il popolo conosce i propri bisogni, non i professori o i potenti che fanno solo il loro interesse.

Questo modo di pensare è esattamente quello di Mao Tze Tung che, nella rivoluzione culturale, spingeva i giovani a insultare e picchiare i vecchi dirigenti comunisti, obbligava i laureati e gli scienziati a rieducarsi andando a lavorare la terra coi contadini e affidava proprio ai contadini (che non ne sapevano niente) la produzione dell'acciaio in forni rudimentali fatti da loro. Questo esperimento fu una catastrofe economico-sociale e provocò milioni di morti.

Ebbene, questo modo di pensare oggi si sta diffondendo come un gas in molti ambienti politici ed anche nel comune modo di pensare, soprattutto attraverso i social media in cui ciascuno dice quello che gli pare senza bisogno né di cultura né di prove, perché tutti si considerano uguali nel sapere. Per cui uno può contestare quello che è stato il frutto di decenni di ricerche rigorose.

Il risultato è la campagna contro i vaccini, contro la Tav, contro l'Ilva, contro il gasdotto che viene dalla Russia e altre bizzarrie, subito recepite come «volontà popolare» dai grillini. Un modo di pensare che crea una mentalità contraria allo studio, al sapere, alla cultura, alla scienza, al merito.

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