Dall'Australia a Londra, quei "normali" trasferimenti

Il Canale non è quello di Sicilia, ma la Manica, il mare non è il Mediterraneo, ma l'oceano Atlantico, e la destinazione dei clandestini non è la vicina Albania, ma il Ruanda africano

Dall'Australia a Londra, quei "normali" trasferimenti
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È una cosa crudele, inumana, è contro la Costituzione, il piano costa troppo, e insomma, è impensabile che si possano piazzare su un aereo e alloggiare oltremare tutti i migranti illegali che superano il Canale e sbarcano nel Paese. Avete appena letto le obiezioni le stesse nostre registrate a Londra dopo il disegno di legge voluto dal premier Rishi Sunak che prevede l'espulsione in Ruanda dei migranti entrati illegalmente nel Regno Unito.

Il Canale non è quello di Sicilia, ma la Manica, il mare non è il Mediterraneo, ma l'oceano Atlantico, e la destinazione dei clandestini non è la vicina Albania, ma il Ruanda africano. Peraltro martedì scorso c'è stato un dibattito televisivo tra il premier Sunak e Keir Starmer, leader del partito Laburista, e tutto verteva sullo stesso argomento con l'aggiunta di una polemica sulle lunghe liste d'attesa nel servizio sanitario.

Già. La differenza è che nessuno ha accusato Sunak di fascismo, nessuno ha esercitato quell'esterofilia selettiva che in Italia viene richiamata per alcuni temi e non per altri - mai sulla giustizia, per esempio -, mentre un'altra differenza è che nessuno ha trattato il piano inglese sull'immigrazione (quindi il piano italiano) come se fosse un unicum mondiale, soprattutto perché il trasferimento dei migranti irregolari all'estero è stato già attuato anche da Australia, Israele, Danimarca e, a suo modo, anche Unione Europea. Nel 2016 la stessa Unione ha stabilito accordi con la Turchia affinché trattenesse i richiedenti asilo che avessero tentato di raggiungere la Grecia e quindi l'Europa.

In ordine di tempo, però, la prima fu l'Australia nel 2001 con la «Pacific Solution» che ha rispedito i migranti in Papua Nuova Guinea, nella Repubblica di Nauru, in Indonesia, Vietnam e Sri Lanka. Nel 2013, e per cinque anni, Israele ha poi spedito eritrei e sudanesi ancora in Ruanda mentre venivano esaminate le loro domande d'accoglienza. Nel 2021, infine, è toccato alla Danimarca che ha firmato un memorandum d'intesa si può indovinare con chi: col Ruanda, anche se l'anno dopo è cambiato il governo danese e i trasferimenti sono stati congelati. Evidentemente nell'importazione acritica di immigrati non secondo necessità o curriculum (come fa l'Australia e vorrebbe fare il nostro governo) il Ruanda ha intravisto un business come del resto ha fatto la Turchia.

Dettagli: il controverso disegno di legge inglese prevede direttamente l'espulsione dei migranti in Ruanda, non l'esame delle loro domande d'accoglienza in quel Paese; inoltre il piano sull'immigrazione è stato sì ideato da Boris Johnson, ma siglato, come detto, da un leader come Rishi Sunak, che è induista, figlio di immigrati africani e non certo un campione di condotta «unfair» ossia scorretta, anzi. Boris Johnson ha detto che il Piano è utile per «dissuadere le persone dal compiere viaggi pericolosi verso il Regno Unito per richiedere asilo, facilitati da trafficanti criminali»: parole già sentite dalle nostre parti. Ancora: Re Carlo III, che nel Regno Unito controfirma le leggi come fa il nostro Capo dello Stato, aveva definito «spaventosa» l'idea di mandare i migranti in Ruanda, ma ha dovuto dare il suo assenso come prevede la legge. Nelle altre nazioni citate il percorso non è stato troppo diverso. Perciò due considerazioni. Una è che l'immigrazione globalizzata ha raggiunto dimensioni e proporzioni mai viste: un autentico esodo da Sud a Nord del mondo.

La seconda è che le soluzioni del vari Paesi paiono ormai altrettanto globalizzate e rimandano al mittente le più circoscritte lagnanze delle opposizioni (tutte più o meno simili) che seguiteranno a scandalizzarsi sinché non toccherà loro il compito di governare.

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