Via libera dall'aula della Camera alla fiducia posta dal governo sul decreto legge per il salvataggio delle Banche venete, con 318 sì, 178 no e un astenuto.
L'Aula è passata quindi all'esame degli ordini del giorno, dopo i quali ci sarà il voto finale sul provvedimento. Sui tempi non c'è certezza: l'esame degli ordini del giorno dovrebbe concludersi nella notte o domani.
Il Movimento 5 stelle, infatti, sta mettendo in atto l'ostruzionismo: ha presentato un odg per ogni deputato e ogni deputato interverrà per illustrarlo. Questo allungherà quindi i tempi e farà slittare a domani il voto finale sul provvedimento.
Dopo il via libera al provvedimento da parte di Montecitorio, il decreto salva banche venete dovrà passare al Senato per ricevere il via libera definitivo entro la scadenza del 24 agosto.
Il testo su cui il Governo ha posto la fiducia è essenzialmente lo stesso uscito dal Consiglio dei ministri del 25 giugno, con l'inserimento del dl Bond, che prevede la sospensione del pagamento per sei mesi dei bond delle banche che hanno chiesto una ricapitalizzazione preventiva.
Che cosa prevede
Gli obiettivi del decreto sulle banche venete sono: garantire la continuità del sostegno del credito alle famiglie e alle imprese del territorio e contemporaneamente facilitare la liquidazione coatta amministrativa di Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca, dichiarate dalla Bce in condizioni di dissesto (failing or likely to fail).
Il decreto prevede aiuti di Stato per un massimo di 5,2 miliardi a vendita di parte delle attività delle due banche a Intesa Sanpaolo, operazione su cui è arrivato l'ok dell'Antitrust, ed il trasferimento del relativo personale. "Gli aiuti di Stato ammontano - ha spiegato Palazzo Chigi in una nota - a 4,785 miliardi di euro. A questa cifra si aggiungono circa 400 milioni quale fair value delle garanzie prestate dallo Stato sugli impegni delle banche in liquidazione, per un ammontare massimo di circa 12 miliardi di euro. Gli aiuti di Stato sono adeguatamente coperti dai crediti delle due banche".
Il provvedimento divide gli istituti in 'bad e good bank'. Per garantire la continuità dell'accesso al credito da parte delle famiglie e delle imprese, nonché per la gestione dei processi di ristrutturazione delle banche in liquidazione, si dispone una iniezione di liquidità pari a circa 4,8 miliardi di euro; la concessione di garanzie statali, per un ammontare massimo di circa 12 miliardi di euro, sul finanziamento della massa liquidatoria dei due istituti da parte di Intesa Sanpaolo.
Si procederà al rimborso al 100% degli obbligazionisti retail, con un contributo del 20% da parte della stessa Intesa. L'intervento, ha spiegato il numero uno di Intesa Carlo Messina, "consentirà di mettere in sicurezza oltre 50 miliardi di risparmi affidati alle due banche".
I crediti deteriorati, la cosiddetta bad bank, saranno ceduti alla Sga, la società per la gestione delle attività di proprietà del Tesoro (Che l'ha comprata l'anno scorso da Intesa) che nel 1997 ebbe un ruolo chiave nel salvataggio e risanamento del Banco di Napoli, gestendone le sofferenze.
Resta anche una parte del personale che verrà gestita con una ristrutturazione per la quale sono stati stanziati 1,285 miliardi. Le banche in liquidazione iscrivono nello Stato patrimoniale un credito che sarà onorato man man che procederà il recupero dell'attivo in contenzioso. Le passività saranno finanziate dalla stessa Intesa Sanpaolo con un prestito garantito dello Stato.
I debiti obbligazionari ordinari restano in capo alle società in liquidazione e verranno onorati alle rispettive scadenze.
In totale, aveva spiegato il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, il decreto "mobilizza risorse fino a 17 miliardi", con garanzie a copertura del rischio di retrocessione dei crediti che non risultino in bonus, fino a 6,3 miliardi, e fino ad altri 4 per i crediti "attualmente in bonus ma ad alto rischio".
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