Dietro alla morte di Regeni spunta l'ombra del tradimento

Un sms inviato a un ex compagno di università rivelerebbe la pista di un tradimento, dovuto probabilemente alla ricerche dello studente italiano

Dietro alla morte di Regeni spunta l'ombra del tradimento

Non si dirada l'alone di mistero attorno alla morto di Giulio Regeni, il ricercatore universitario uccico al Cairo dopo essere stata torturato. Mentre magistrati nella capitale egiziana ricevono i tabulati del cellulare del ragazzo, che rivelano un'ultima telefonata di 20 minuti vicino alla zona in cui viveva lo studente, il ministero dell'Interno, come riportano diversi media egiziani, smetisce "le informazioni pubblicate dai media occidentali secondo le quali l'accademico italiano Giulio Regeni sarebbe stato arrestato da elementi appartenenti ai servizi di sicurezza prima della sua morte".

Il Corriere della Sera scrive: "A metà dicembre l’università di Cambridge chiese a Giulio Regeni di intensificare le ricerche all’interno del sindacato. Il ricercatore italiano fu sollecitato ad ottenere maggiori notizie su quanto stava accadendo in quel settore dove forte è l’opposizione al regime del presidente Abdel Fattah Al Sisi. E in questo modo finì in una partita che evidentemente non era in grado di controllare. Vittima di interessi che andavano oltre i semplici approfondimenti sulla realtà egiziana. Per questo bisogna adesso scoprire chi ha ricevuto i suoi «report», soprattutto l’uso che ne è stato fatto a sua insaputa. Gli investigatori appaiono convinti che la sua cattura si inserisca proprio nella volontà degli apparati di sicurezza locali di conoscere l’origine delle informazioni che aveva ottenuto, l’elenco delle persone con cui era in contatto."

Non solo, ma il quotidiano guidato da Luciano Fontana sottolinea che "carabinieri del Ros e poliziotti dello Sco stanno analizzando i dettagli sulle indagini che filtrano dal Cairo ma valutano con estrema cautela i racconti dei testimoni che si sono affacciati recentemente sulla scena. L’incrocio dei dati ricavati esaminando gli ultimi sms inviati da Giulio ai suoi amici anche attraverso una chat di Facebook, smentisce il racconto del ragazzo che aveva sostenuto di aver visto Giulio portato via da due poliziotti: lui parla delle 17.30 ma due ore dopo scrive alla fidanzata e al professore. Un nuovo depistaggio per impedire che si arrivi alla verità sulla sua fine, all’identità di quegli uomini dell’apparato statale egiziano che l’hanno torturato fino ad ucciderlo."

I contorni vengono chiariti anche da Repubblica: "Non è difficile immaginare, dunque, perché il lavoro accademico di Giulio Regeni possa essere diventato un potente carburante della paranoia degli apparati egiziani. A maggior ragione se quel lavoro - come accade nel mondo accademico - viene condiviso e ha, sia pure in modo limitato, una sua circolazione non necessariamente solo universitaria. Quindi, la possibilità di essere rubato o intercettato, non fosse altro in un Paese dove il regime fa del controllo sistematico delle comunicazioni una religione. Scenario, questo, che trova per altro una sua solida conferma nelle parole di Khaled Fahmy, professore di storia all'American University e attualmente visiting professor ad Harvard. Intervistato dalla radio canadese Cbc dice: 'le autorità egiziane hanno da tempo le università come obiettivo. Perché sono ossessionate dalla disseminazione di informazioni sull'Egitto e dai luoghi in cui quelle informazioni sono prodotte. Soprattutto se si tratta di ricerche di studenti stranieri.'

Insomma viene a galla l'ipotesi di un tradimento. Un'idea che viene avvallata anche da un messaggio inviato via Messenger a un suo ex compagno di Cambridge: "Per la mia ricerca devo incontrare un pezzo grosso. Incrociamo le dita".

Come scrive La Stampa, che riporta anche l'sms, "È il sociologo Keshk o un altro dissidente? É il rapporto con questa persona, insieme agli altri contatti dell’opposizione ad Al Sisi, ad aver scatanato l’interesse che lo ha portato alla morte? ".

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