Il rave party clandestino organizzato nel Viterbese, al quale hanno partecipato migliaia di persone, non è stato un evento improvvisato ma potrebbe far parte di un piano ben più ampio. Forse a livello internazionale. Non sarebbe stata casuale neanche la scelta del Paese nel quale organizzare quella festa.
Ma andiamo con ordine. Molti partecipanti, racconta Repubblica, lo scorso 19 giugno sono stati respinti dalla gendarmeria francese a Nizza. Gli stessi hanno, poi, scelto l'Italia come sede del rave party. Prima c’è stato un tentativo nel Bresciano ma si è rivelato un flop. Quindi ecco le feste abusive di Pisa a inizio luglio e quella nel Viterbese, nel corso della quale ha perso la vita, per cause ancora da chiarire, un 24enne.
Sembra proprio che dietro l’organizzazione ci sia una sorta di internazionale dei rave a guida francese che si muove secondo un piano ben preciso: individuazione di un terreno, lo studio dell’area e infine la comunicazione dell’evento su Telegram con circa un mese di anticipo.
L'operazione riesce spesso. E quanto accaduto nel Viterbese ne è una dimostrazione. Nell'evento svoltosi nella località laziale, la polizia ha individuato gli organizzatori del rave. E così è partita la trattativa con la Questura. Ma qui la situazione si è complicata perché i ruoli sono fumosi.
Nessuno si presenta come organizzatore. Al massimo le persone fermate si definiscono "portavoce" per evitare guai con la legge. Nel caso di Viterbo, ad esempio, le forze dell’ordine hanno dovuto trattare con 8 gruppi diversi, maggioranza francese. Presenti, però anche gruppi italiani del Centro e del Nord. Pare, quindi, non essere un caso che il volantino fatto circolare per annunciare la fine anticipata, intitolato "Game over", fosse in francese e in italiano. "Le crew arrivavano quasi tutte dalla Francia", ha affermato un investigatore.
Ma perché è stata scelta l’Italia? Una ipotesi potrebbe essere legata alle legge. La Cassazione ha sentenziato che i party abusivi non sono perseguibili. Discorso diverso in Francia. Qui, ad esempio, sono stati condannate 4 persone per un rave a Marigny, in Normandia. Altre 11 sono finiti a processo al tribunale di Tarascon per la festa del 2018 a Saint-Martin- de-Crau, in Provenza. Come già evidenziato in questi casi è difficile stabilire il ruolo ricoperto da una persona. "Non possiamo dimostrare che siano gli organizzatori. Ma hanno contribuito alla riuscita dell'evento", ha spiegato in aula il procuratore. E questo basta per una condanna.
In Italia, invece, si rischia meno.
La polizia può agire per anticipare l’inizio dei rave. Intervenendo a giochi fatti può solo trattare. E, nel caso, contestare reati minori come, visto il periodo in cui ci troviamo, la violazione delle norme anti-Covid.
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