Viso pallido, sguardo basso, quando Alfonso Sacchi arriva all’Appia Park Hotel, verso le 17, è una maschera di dolore. Scandisce a malapena le parole, sussurra: “È mio figlio che mi sta dando il coraggio di essere qua, mia moglie è devastata, dormiamo ancora col suo pigiama accanto al cuscino”. La voglia di vivere e le tante passioni, il calcio, la palestra la motocicletta: dai racconti di papà Alfonso emerge il ritratto di un giovane limpido. Butta giù un sorso d’acqua, Alfonso, per scogliere il nodo alla gola e ricominciare: “Era un ragazzo pulito, glielo leggevi nel viso, aveva il cuore buono, aiutava tutti”. “Non aveva bisogno di soldi, non aveva bisogno di niente, gestiva la casa vacanze di famiglia e faceva il personal trainer”, aggiunge, sicuro che con logiche di droga e di microcriminalità Luca non aveva nulla a che fare.
“Chiedo giustizia per mio figlio, era una brava persona”. E sulla ragazza, Anastasiya Kylemnyk, attorno a cui si addensano alcune ombre, dice: “Spero sia pulita, altrimenti al dolore si aggiungerebbe altro dolore”. La maledetta sera in cui Luca è stato freddato da una revolverata alla nuca, Anastasiya aveva raccontato di essere stata aggredita con una mazza da baseball, eppure sul suo corpo non ci sono né lividi né escoriazioni. Segni di ecchimosi, invece, sono stati rinvenuti sulle braccia di Luca.
"Gli ho dato un bacio, è stata l’ultima volta che l’ho visto”
“Gli amici sembravano brava gente, ma io – spiega il padre – gli dicevo sempre di non fidarsi di nessuno”. Tra le frequentazioni del ventiquattrenne c’era anche Giovanni Princi, pregiudicato per reati di droga. È lui che i due incontrano al pub John Cabot, poco prima della sparatoria. Sarebbe sempre lui, secondo le dichiarazioni dei due indagati, Valerio Del Grosso e Paolo Pirino, ad averli messi in contatto con i due. Le cronache lo dipingono come uno dei migliori amici del ragazzo, ma suo padre minimizza: “Stava al liceo con lui, si erano persi di vista alla fine della scuola per poi ritrovarsi sei mesi fa”. La sera dell’omicidio, Alfonso esce di casa intorno alle 19 per andare al lavoro, al ristorante. È una serata come tante, nulla lascia presagire il dramma che si sta per consumare. Eppure, prima di varcare l’uscio, Alfonso ha un ripensamento e si trattiene qualche minuto in più per prendersi cura del figlio, dolorante per via di uno strappo muscolare: “Mi ha chiesto di fargli la terza puntura per il dolore alla schiena, dopo mi ha detto stavolta sei stato proprio bravo papà non ho sentito niente, io gli ho dato un bacio e gli ho detto ti voglio bene e lui mi ha detto anche io”. “Questa – ricorda con commozione – è stata l’ultima volta che l’ho visto”. “Mi è rimasta quell’immagine”, dice prima di accasciarsi sulla spalla dell’avvocato e di chiudersi in un silenzio carico di disperazione.
Gli avvocati: “In questa storia c’è qualcuno che mente”
La famiglia della vittima e gli avvocati di parte civile, Paolo Salice e Armida Decina, non credono alle ricostruzioni giornalistiche su Anastasiya. Per ora, infatti, non trovano riscontro nell’ordinanza del gip. La ragazza, chiariscono, al momento è “parte offesa del reato di rapina”. “Un po’ di dubbi aleggiano su di lei, speriamo si possano sciogliere al più presto”, spiega Salice. Nel suo zaino, secondo quelle che al momento sono solo indiscrezioni, ci sarebbero stati dai 20 ai 35mila euro. A che pro? Per acquistare una partita di droga da Del Grosso e Pirino da smerciare in zona? E Luca sapeva? “Era la figlia femmina che i Sacchi non avevano, è stata accolta in casa a braccia aperte e se dovesse emergere un suo coinvolgimento – aggiunge Decina – per loro sarebbe devastante”. Da sabato pomeriggio, i contatti tra la mamma e il papà di Luca e Anastasiya si sono rarefatti. “Non sappiamo il perché”, dicono gli avvocati. “Speriamo che non c’entri nulla – spiegano poi – però qualcuno mente, questo è sicuro ”. “Qualora dalle carte processuali dovessero emergere responsabilità prenderemo le posizioni conseguenti”, assicurano. “Il dato certo è che l’esame tossicologico è negativo, la famiglia Sacchi con la droga non c’entra nulla, e appena sarà possibile ci costituiremo parte civile”, ripetono i legali.
“È rimasta con noi una notte per starci vicino e poi non si è più vista”, dice papà Alfonso della fidanziata del figlio. “Quella sera – ricorda tra i singhiozzi – abbiamo detto ad Anastasiya che la camera di Luca era la sua”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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