Don Luigi Larizza, il prete di Taranto che difende gli italiani: "Ma non sono razzista"

Scoppia il caso del prete di periferia. L'arcivescovo prende le distanze e c'è un'interpellanza parlamentare

Don Luigi Larizza, il prete di Taranto che difende gli italiani: "Ma non sono razzista"

È contro i giornalisti. Ma non tutti. Il sacerdote di Taranto ce l'ha con "i soliti schierati a sinistra, che hanno tradito anche lo spirito del vero comunismo”. Paragonandoli a chi, camminando, incontra un leone e urla pensando di spaventare il felino, li ha ringraziati perchè “con il loro parlare e col loro scrivere, hanno dimostrato la propria fragilità”.

Inizia così una lettera di don Luigi Larizza, accusato di razzismo per le sue posizioni contrarie all'accoglienza degli immigrati. Posizioni a cui risponde dichiarando di non essere razzista, ma di stare dalla parte degli italiani.

Più che andare contro i giornalisti, la sua lettera fa riferimento all'onorevole pugliese del Pd Ludovico Vico che ha presentato un'interpellanza al ministro degli esteri contro le posizioni di don Luigi Larizza.

Il parroco risponde alle accusa di razzismo chiedendo “dov’è il razzismo se ci si auspica che, le forze dell’ordine, possano sparare per difendersi dagli assalti, dai pugni e dalle bastonate dei delinquenti di ogni etnia, immigrati inclusi?”. Per il sacerdote tarantino, devono essere difesi gli italiani che non hanno tutele o servizi essenziali. Larizza descrive l'inizio del suo ministero nel 1978, quando da subito si impegnò in uno dei quartieri più degradati della città “costruendo tutto quello che, ancora oggi, costituisce la struttura edile della Parrocchia Corpus Domini, la Chiesa Comunità e combattendo contro la miseria, la mancanza dei servizi essenziali al vivere civile, le scuole fatiscenti, i servizi di trasporto inesistenti”.

Lo stesso nega di essere razzista anche quando “dopo la caduta del regime comunista in Albania, mentre ci si sentiva orgogliosi di rimandare indietro i barconi degli albanesi che scappavano veramente dalla fame io ho adottato due villaggi vicino Valona, ripristinando le scuole, i due ambulatori, sanificando l’acqua potabile, perché gli scoli di fognatura finivano nella sorgente in cui erano inserite le pompe di aspirazione dell’acqua, lasciando anche la mia auto, da usare come ambulanza. - e ancora - ho organizzato la venuta in Italia di circa 600 bambini orfani di Donetsk, per garantire loro un mese di tranquillità presso le famiglie tarantine. Ho contribuito alla costruzione di alcune chiese greco cattoliche a Donetsk. Ho fatto venire in Italia circa 150 bambini, con i loro genitori, reduci dalla strage di Beslan. Ho aiutato dei profughi cinesi e delle signore rumene a trovare lavoro”.

A suon di post, insomma, Larizza elenca la sua azione pastorale in nome di un Dio che dovrebbe aiutare tutti quelli che hanno bisogno.
La reazione del parlamentare democratico Ludovico Vico arriva immediata (grazie ai social). Vico cita le parole di Papa Francesco: ”I rifugiati sono persone come tutti, ma alle quali la guerra ha tolto casa, lavoro, parenti, amici".

Intanto, come si legge su "La Gazzetta del Mezzogiorno", l'arcivescovo di Taranto, Filippo Santoro, prende le distanze (e non è la prima volta) dalle posizioni di don Luigi Larizza.

“L'accoglienza non conosce distinguo di etnia, razza, colore. Ho invitato più volte don Luigi Larizza ad essere più equilibrato nell'esprimere giudizi e prendere posizioni. Lo farò ancora. La sua idea non è quella della diocesi”.

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