Erik Priebke, il capitano delle SS condannato all'ergastolo per aver partecipato alla pianificazione e alla realizzazione dell'eccidio delle Fosse Ardeatine, morì l'11 ottobre 2013. Subito si scatenarono le polemiche, con il vicariato di Roma che impedì la celebrazione delle esequie nelle chiese della Capitale, e la salma che dopo una protesta di piazza, con il carro funebre colpito con calci e pugni ed un prete aggredito fu portata all'aeroporto militare di Pratica di Mare. Il corpo di Priebke fu tumulato in un luogo segreto. Oggi il settimanale l'Espresso svela quel luogo, mostrandone la foto, un cimitero in disuso nel recinto di un carcere, con una tomba senza nome.
Il cimitero si trova su una collinetta, su cui si trova una piccola cappella edificata quasi cento anni fa. Intorno ad essa è sorto il campo santo. Le tombe sembrano dimenticate, erbacce ovunque. Nessun nome né foto e tantomeno fiori. In tutto, scrive l'Espresso, ci saranno un centinaio di croci di ferro, rigorosamente arrugginite, più altre in legno rovinate dal tempo.
Si decise di porre il segreto di Stato sul luogo della esumazione per evitare che il luogo divenisse ritrovo di neonazisti o bersaglio di azioni vandaliche.
"Sì alle Fosse Ardeatine ho ucciso - ammise Priebke in un'intervista a Repubblica -. Ho sparato, era un ordine. Una, due tre volte. Insomma, non ricordo, che importanza ha? Ero un ufficiale, mica un contabile.
Non ci interessava nemmeno tanto la vendetta, a via Rasella i militari morti erano del Tirolo, più italiani che tedeschi. Ma Kappler fu inflessibile, costrinse anche il cuciniere a sparare. Fucilammo cinque uomini in più. Uno sbaglio, ma tanto erano tutti terroristi, non era un gran danno".
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