Ecco come i profughi beffano il trattato di Dublino

Dopo 18 mesi le impronte digitali dei migranti entrati nell'Ue vengono cancellate

Ecco come i profughi beffano il trattato di Dublino

C'è un modo per beffare il Trattato di Dublino. Lo hanno scoperto due siriani, Saleh Al Khaleeb, avvocato 49enne, e Ahmad Ali,studente di letteratura inglese di 24 anni. Come racconta La Stampa loro sono fuggiti da Damasco diretti verso la Svezia. Entrambi sono stati identificati. Saleh in Italia e Ahmad in Ungheria.

Secondo il Trattato di Dublino sarebbero dovuto restare nel Paese di primo ingresso nell'Unione Europea e richiedere lì il diritto d'asilo ma sia Saleh sia Ahmad, pur non essendosi mai incontrati, hanno usato una stratagemma che stanno adoperando già migliaia di migranti. Le impronte digitali dei profughi entrati in Europa vengono conservate nel sistema centrale di Eurodac per 18 mesi, limite estendibile a 24 mesi. Concluso tale periodo, le impronte vengono automaticamente cancellate."È così noi ci rifacciamo una verginità, come se non fossimo mai stati fermati, né esistiti – spiega Saleh Al Khaleeb -. E non è perché sono un avvocato che conosco questa scappatoia, lo sa qualsiasi migrante".

Saleh è dunque scappato dal centro di identificazione siciliano, insieme alla madre anziana, ed è arrivato a Norrköping. "Ci hanno identificati nell’estate 2014. Abbiamo preso un treno verso Milano, poi su, direzione la Danimarca. E una volta arrivati a Goteborg siamo scomparsi. Delle ombre per un anno e mezzo". Per non essere identificato e rispedito in Italia, ha vissuto in un deposito-officina di un conoscente, siriano anche lui, senza uscire mai, neanche di notte:"È stato difficile, ma niente in confronto a quello da cui scappavo. Il momento peggiore è stato quando mi è venuto un ascesso a un dente, a 6 mesi dalla scadenza dei 18. Non potevo andare dal medico, e recuperare antibiotici non è stata una passeggiata". . E dopo 18 mesi e 2 giorni si è consegnato alle autorità svedesi, al centro di identificazione di Goteborg. "Le mie impronte non c’erano più. Era finita, anzi è iniziata". La famiglia di Ahmad Ali, invece, è sparpagliata tra Libano, Siria e Svezia.

Lui è palestinese di origine e siriano di adozione, ma ora vive a Emmaboda dove lunedì una dipendente di un centro di accoglienza per minori è stata uccisa da un quindicenne somalo. Ahmad ha raccontato di esser svoluto sfuggire dall'Ungheria perché quel Paese è poco ospitale verso i profughi. E per farlo, anche lui è riuscito a beffare il Trattato di Dublino.

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