Ecco perché i treni regionali sono più lenti di 50 anni fa

Se da un lato c'è l'alta velocità, la maggior parte dei treni regionali percorre le stesse distanze di 50 anni fa impiegando più tempo: ecco quali sono le spiegazioni

Ecco perché i treni regionali sono più lenti di 50 anni fa

Nell'era dell'alta velocità dove i treni sfrecciano a oltre 300 Km/h e raggiungono lunghe distanze in tempi sempre più brevi, sembra assurdo da credere ma c'è un abisso con quelli regionali che, se possibile, procedono più lentamente di mezzo secolo fa. La problematica, questa volta, unisce l'Italia: non ce n'è una più veloce e una più lenta, la classica divisione nord-sud decade: siamo tutti sulla stessa...carrozza.

Ecco alcune tratte

Alcuni esempi sono lampanti: l'attuale Padova-Verona impiega 58 minuti contro i 55 del 1972, il Lucca-Livorno impiega un'ora e 8 minuti rispetto ai 57 minuti di 50 anni fa. L'Udine-Trieste, invece, impiega soltanto sessanta secondi in più rispetto al '72. I pendolari della Rimini-Bologna impiegano sempre due ore, non c'è stato alcun miglioramento. La domanda sorge spontanea: e se la tratta fosse diversa e più lunga? Negativo, il tragitto è rimasto immutato. Spostandoci a sud, uno dei tanti esempi è costituito dalla Benevento-Avellino che non ha subìto ritardi ma non va nemmeno più veloce: 47 minuti allora, 47 minuti oggi.

Quali sono le cause

I dati possono essere consultati online dall'archivio di Fondazione Fs Italiane dove è possibile confrontare gli orari degli anni '70 con quelli attuali. Ma è mai possibile che tutto sia rimasto fermo come 50 anni fa? Esistono alcune motivazioni che Rfi (Rete ferrioviaria italiana) ha dato a Repubblica: ci sono più convogli e più corse, non si può "correre" perché c'è più traffico lungo i binari. Un altro capitolo riguarda le fermate: spesso sono più numerose che in passato, i treni si fermano più spesso e accumulano ritardi; infine c'è lo Scmt (Sistema controllo marcia treno) che obbliga a mantenere una certa distanza tra un convoglio e l'altro.

Pendolari sul piede di guerra

Come spesso accade, le associazioni di categoria sono pronte a puntare l'indice contro una lentezza che non è mai cambiata negli ultimi 50 anni. "I diretti della Alessandria-Torino, negli anni '70, impiegavano 45 minuti. Poi si è arrivati negli anni 2000 a 50 minuti. Oggi i tempi di percorrenza della stessa tratta sono aumentati a un'ora. Insomma, abbiamo assistito negli anni addirittura a un peggioramento", ha raccontato a Repubblica Andrea Pernigotti, presidente dell'Associazione pendolari noves che si occupa delle ferrovie presenti tra Piemonte, Lombardia e Liguria. Ma le accuse sono trasversali: nel Lazio sono mancati gli investimenti e il tempo all'interno dei convogli è raddoppiato.

Il caso dell'alta velocità

Discorso diverso per l'alta velocità che, letteralmente, vola: chi viaggia da nord a sud si accorgerà dei tempi record per il Roma-Milano o il Torino-Napoli: rispetto al 1972 i tempi si sono più che dimezzati. Da nove ore a tre ore per collegare la Capitale al capoluogo lombardo. "Il miglioramento negli anni c'è stato solo lungo le tratte in cui c'è maggiore guadagno e profitto", affermano dall'Unione nazionale dei consumatori.

Il problema regionale, dunque, resta molto attuale e non è al passo con i tempi. "I pendolari sono consumatori costretti a un grosso esborso economico, perché hanno spese aggiuntive rispetto agli altri lavoratori. Nonostante ciò, non sono agevolati in nessun modo"

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