Emergono dettagli raccapriccianti sull'arresto di Patrick George Zaky, studente del master Gemma di Bologna preso in custodia dalla polizia d'Egitto. L'annuncio è arrivato via Twitter da parte di Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia: "Ho la sensazione che si tratti dell'ennesima persecuzione verso un attivista politico: ce lo dice la storia di Zaky e la storia dell'Egitto sotto Al Sisi". Il ricercatore egiziano di 27 anni è accusato di "istigazione al rovesciamento del governo e della Costituzione". Nello specifico i pubblici ministeri hanno presentato un elenco di accuse contro di lui: la pubblicazione di voci e false notizie che puntano a disturbare la pace sociale e a seminare il caos; istigazione alla protesta senza il permesso delle autorità competenti allo scopo di minare l'autorità statale; chiedere il rovesciamento dello Stato; gestire un account di social media che ha lo scopo di minare l'ordine sociale e la sicurezza pubblica; istigazione a commettere violenze e crimini terroristici. Il ragazzo era partito dal capoluogo emiliano per trascorrere un breve periodo di vacanza a Mansoura, la sua città natale. Intanto fonti della Farnesina hanno fatto sapere che Luigi Di Maio sta seguendo con molta attenzione la vicenda attraverso l'ambasciata al Cairo.
La notizia è stata confermata dall'associazione locale Eipr (Egyptian Initiative for personal rights): "Patrick è stato picchiato, sottoposto a elettrochoc, minacciato e interrogato in merito al suo lavoro e al suo attivismo. I legali ci hanno assicurato che sul corpo mostra segni visibili delle violenze". L'ong per cui il giovane collabora ha ricostruito i fatti: "Patrick, che studia per un diploma post-laurea a Bologna, rientrava in Egitto per un breve soggiorno presso la famiglia quando è stato preso in custodia dalle forze di sicurezza della National Security Investigations (Nsi) all'aeroporto del Cairo ed è scomparso per le successive 24 ore". È stato tenuto per un breve periodo di tempo in aeroporto, per poi essere "trasferito in una qualche struttura della Nsi prima di essere trasferito negli uffici Nsi nella sua città natale, Mansoura, circa 120 chilometri a nord-est del Cairo". Questa mattina "è apparso davanti a un pubblico ministero a Mansoura, dove i pubblici ministeri hanno cominciato a interrogarlo nel tardo pomeriggio. Secondo i suoi avvocati, gli è stato presentato un rapporto della polizia che afferma falsamente che è stato arrestato ad un posto di blocco nella sua città natale, in virtù di un mandato emesso nel settembre 2019".
"L'Egitto non è un Paese sicuro"
Erasmo Palazzotto, presidente della Commissione parlamentare d'inchiesta sulla morte di Giulio Regeni, sul proprio profilo Twitter ha tuonato: "Come si fa a considerare ancora l'Egitto un Paese sicuro? Il governo italiano non può continuare a far finta di niente nelle relazioni con un Paese che continua a violare i diritti umani in questo modo". Perciò dovrebbe chiedere "l'immediato rilascio alle autorità egiziane e pretenda spiegazioni in merito all'accaduto".
Come si fa a considerare ancora l’#Egitto un Paese sicuro?
— Erasmo Palazzotto (@EPalazzotto) February 8, 2020
Il Governo italiano non può continuare a far finta di niente nelle relazioni con un Paese che continua a violare i diritti umani in questo modo. https://t.co/z8HSKef7MZ
Sulla questione è intervenuto anche Virginio Merola, sindaco di Bologna: "Dal balcone del nostro Comune sventola lo striscione giallo per Giulio Regeni, anche per questo non possiamo essere indifferenti a quello che è accaduto". L'auspicio di Stefano Bonaccini è che "al più presto si possano avere notizie rassicuranti". Il governatore dell'Emilia-Romagna ha assicurato: "Il nostro ministero degli Esteri sta seguendo la vicenda, che non può in alcun modo deviare dal rispetto dei diritti della persona, da procedure trasparenti e dalla piena informazione su quanto stia accadendo".
Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana-Leu chiede che il governo italiano e le autorità accademiche dell'ateneo bolognese "intervengano con decisione nei confronti del governo egiziano".
Si tratta di un altro episodio "che coinvolge un regime che quotidianamente calpesta i diritti umani e le regole democratiche, che non ha ancora fatto il suo dovere verso l’Italia e la giustizia sulla vicenda Regeni".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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