Cresce in Europa la paura per il diffondersi dell’epatite acuta di origine sconosciuta. Al 21 aprile sono stati segnalati almeno 169 casi da 11 Paesi nella regione europea dell'Oms e un Paese nella regione delle Americhe: 114 nel Regno Unito, tredici in Spagna, dodici in Israele, nove negli Stati Uniti d'America, sei in Danimarca, cinque in Irlanda, quattro in Italia e nei Paesi Bassi, due in Norvegia e Francia e uno in Romania e Belgio. I numeri sono contenuti in un report di aggiornamento dell'Organizzazione mondiale della Sanità sulla situazione dopo l'allarme partito dalla Gran Bretagna.
La stessa Oms ha annunciato che"l'adenovirus è un'ipotesi possibile" ma le indagini sono in corso. La situazione, come ovvio che sia, è attentamente monitorata. Il timore è che con il passare dei giorni i numeri possano continuare ad aumentare. Il 23 aprile il ministero della Salute contava per l'Italia 11 casi sospetti.
I casi accertati, come ha evidenziato al Messaggero il direttore generale dello Spallanzani Francesco Vaia, hanno un'età compresa tra "1 mese e 16 anni. Diciassette bambini, il 10%, hanno richiesto un trapianto di fegato. È stato segnalato almeno un decesso". Al momento le certezze sono poche. Se da un lato non ci sono dati certi su quanto sia diffusa la patologia nel mondo, dall’altro sono note alcune caratteristiche dell'epatite di origine sconosciuta.
"Si tratta di una malattia ad esordio acuto. Il tempo di incubazione è breve, i segnali appaiono in circa 48 ore", ha spiegato al quotidiano Giuseppe Maggiore, direttore di Epatogastroenterologia e trapianti di fegato dell'ospedale Bambino Gesù di Roma. Eppure i sintomi non sono semplici da decifrare. Anche perché potrebbero essere confusi con quelli di una semplice influenza. Basti pensar che tra questi vi sono, ad esempio, il vomito o una scarica di diarrea. Per di più nella maggior parte dei casi segnalati finora vi è assenza di febbre.
Un genitore dovrebbe monitorare la situazione senza farsi prendere dal panico. Per evitare problemi ed ansie è necessario fare attenzione ad alcuni aspetti particolari. Innanzitutto è fondamentale stare attenti al comportamento del bambino. Una inusuale stanchezza "è già un segnale importante, ed è l'occasione per rivolgersi al pediatra", ha messo in guardia Maggiore.
Purtroppo ci si potrebbe accorgere dell’insorgenza del problema quando la malattia è già in fase avanzata. "Il segno chiaro è l'ittero, cioè la colorazione giallastra della cute", ha affermato ancora l'esperto del Bambino Gesù che ha aggiunto che "siamo in una condizione di concreta attenzione, e quindi necessariamente il bambino deve essere portato subito al pronto soccorso".
Affidare il bambino a mani esperte è la condizione necessaria per valutare le sue condizioni. I medici, attraverso accertamenti diagnostici mirati, potranno confermare un'eventuale epatite in corso. Su questo argomento Vaia ha ricordato che l’Oms raccomanda di eseguire test su sangue, siero, urina, feci e campioni respiratori "nonché campioni di biopsia epatica, con un'ulteriore caratterizzazione del virus che includa sequenziamento. Altre cause infettive e non infettive devono essere studiate a fondo".
Nel caso in cui si ipotizza una epatite, il paziente viene condotto in un centro specializzato. "Una epatite grave senza causa conosciuta è un fenomeno che osserviamo da sempre", ha affermato Vaia. Il problema in questi casi è il tempismo. Intervenendo subito verranno prescritte le cure opportune a seconda del singolo caso.
"Innanzitutto- ha precisato Maggiore- questi bambini devono essere sorvegliati. La base della presa in carico è la terapia di supporto, che riceveranno in un centro specialistico. Occorre poi controllare giornalmente i parametri di funzione, valutare se hanno dei problemi riduzione del fattore di coagulazione". Per questo motivo è inutile far assumere a casa farmaci. Anche perché, ha spiegato Maggiore, la cura per l'epatite "non è specifica". L’esperto ha rimarcato che quando è in corso un'epatite nei bambini, "in genere il fegato che viene danneggiato ha però la grossa capacità di rigenerarsi". Ma perché avvenga ciò è necessario far trascorrere del tempo.
Ad oggi, ha evidenziato Vaia, risulta prioritario determinare la causa della patologia così da consentire di adottare precise azioni di controllo
e prevenzione. Il professore ha, infine, spiegato che le misure di prevenzione per l'adenovirus e altre infezioni comuni comprendono "il lavaggio regolare delle mani e l'igiene respiratoria".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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