Negli ultimi giorni è scoppiata la polemica relativa ai praticanti avvocati che non possono accedere all'esame se entro il 10 novembre non hanno concluso la pratica forense.
Cosa dice la legge
L'inghippo nasce dal fatto che poi, per iscriversi all'esame di avvocatura, la domanda si può presentare fino al 7 gennaio 2022, in pratica ci sarebbero altri due mesi di tempo considerando, tra l'altro, che le prove orali non avrebbero inizio prima del 21 febbraio. Perché, quindi, escludere centinaia (se non migliaia) di praticanti in tutta Italia facendogli, di fatto, saltare un anno, se le domande di ammissione possono essere presentate fino ai primi giorni del nuovo anno? Come spiega l'Upa (Unione Praticanti Avvocati) è stato mantenuto, anche per quest’anno, il requisito di cui all’art. 19, comma 4, del R.D. 1578/1933, il quale dispone che "agli esami possono partecipare i praticanti che abbiano compiuto la prescritta pratica entro il giorno 10 del mese di novembre". L'Unione ritiene che questa disposizione sia "irragionevole e foriera di discriminazioni" perché "non si comprende" come possano essere esclusi dalla sessione 2021 i praticanti avvocati che "abbiano completato la pratica forense prima della scadenza del termine di presentazione delle domande di partecipazione (ad oggi fissato al 7 gennaio 2022)".
Cosa chiede l'Upa
Claudia Majolo, presidente Upa, ha spiegato a ilGiornale.it come sia stata fatta "la richiesta di modifica" dell'attuale legge in vigore "con un decreto ministeriale di questo termine dopo aver ricevuto centinaia di segnalazioni da parte dei praticanti avvocati di poter partecipare al bando perché alcuni, anche solo per un giorno, si sono visti preclusi la possibilità di iscriversi e partecipare alle prove orali". Facendo un piccolo passo indietro, l'Unione Praticante Avvocati aveva ottenuto un incontro istituzionale presso il Ministero della Giustizia nella giornata di lunedì 29 novembre per sottoporre la delicata questione dei praticanti.
"Siamo stati ascoltati con particolare attenzione e interesse le nostre argomentazioni, impegnandosi a rivalutare la questione - ha affermato l'avvocato - stanno valutando la possibilità di fare un decreto per modificare l'attuale termine, siamo in attesa". Nella vicenda, un ruolo molto importante lo gioca anche il Cnf, ossia il Consigio Nazionale Forense, la cui domanda di riapertura dei termini è stata posta anche al vaglio e si attende una risposta sulla questione. "Sono ottimista, la Cartabia è un grande ministro che crede nei giovani così come il presidente del Cnf, Maria Masi, una donna che tiene molto ai praticanti", ha aggiunto il presidente Majolo.
Come è cambiato l'esame per diventare avvocato
Come detto all'inizio, la legge che regola la domanda di ammissione per i praticanti all'esame di avvocatura è in vigore dal 1933, quasi un secolo fa. La pandemia e i tempi che cambiano, probabilmente, spingono nella direzione di una riforma che potrebbe prendere vita in futuro anche a seguito di un'eventuale proroga dei termini di quest'anno (se verrà accolta). Così come, negli anni, è cambiato anche l'esame per diventare avvocati: non più scritto e orali ma doppio orale, dove nel primo c'è un quesito con tre buste e il candidato, nel bando, deve scegliere tra penale, civile o amministrativo. "C'è un quesito, un parere, che va risolto. È il vecchio scritto che è diventato orale", ci spiega la Majolo. La prima prova orale dura 30 minuti, si svolge da remoto e la commissione dopo essersi ritirata in camera di consiglio esprime un parere positivo o negativo in base al quale il candidato sa se poi dovrà affrontare il secondo e decisivo orale o ripetere la prova l'anno successivo.
"Adesso è molto più veloce, dinamico, meritocratico, trasparente", aggiunge, manifestando tutto il proprio interesse a rappresentare i praticanti specialmente con il periodo precario che stiamo vivendo a causa della pandemia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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