Esquilino, così i pusher sfidano la polizia dopo il daspo anti-degrado

All'Esquilino i controlli rafforzati non bastano ad arginare l'illegalità. Siamo stati nel rione multietnico della Capitale dove i negozianti stranieri vogliono andarsene e i pusher sfidano le forze dell'ordine

Esquilino, così i pusher sfidano la polizia dopo il daspo anti-degrado

Giovedì un diciannovenne egiziano è finito in manette per aver strappato di mano il cellulare ad una donna che passeggiava in via Conte Verde, all'Esquilino. Ma è solo l’ultimo di una serie infinita di episodi di cronaca. La scorsa settimana lo stupro di una clochard di 75 anni. Poi una lite fra due senzatetto, finita a coltellate.

Il degrado continua nonostante le retate

All’indomani della riunione del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica che ha stabilito l’immediata applicazione del daspo urbano per chi delinque, nel rione multietnico della Capitale la situazione non sembra essere cambiata (guarda il video).

Sotto i portici dei palazzi umbertini che incorniciano Piazza Vittorio a farla da padrone sono ancora sbandati e pusher. Giovedì sera, l’ennesima rissa per futili motivi tra un gruppo di clochard ubriachi, armati di bottiglie di vetro, che si è placata solo quando i quattro sono stati condotti a Regina Coeli dai Carabinieri di Piazza Dante impegnati in un'operazione di controllo nella zona. Tra gli arrestati c’è anche Massimo Galioto, rinviato a giudizio per la morte di Beau Solomon, lo studente americano annegato nel Tevere nel giugno 2016. In tutto undici persone, per la maggior parte straniere, sono finite in manette o denunciate a piede libero per rissa, resistenza, minacce, spaccio e abusivismo.

I commercianti cinesi: “Così ci difendiamo da rapine e aggressioni”

Nel quartiere simbolo dell’integrazione ormai sono gli stessi negozianti stranieri a temere per le proprie attività. La comunità cinese, ad esempio, da anni paga un “servizio di vigilanza privata” contro i balordi, ci spiega Laura, commessa in un negozio di scarpe: “In questo modo ci proteggiamo, ma qui è un casino, non è sicuro, la gente deve fare attenzione, soprattutto i turisti”. Sono loro, ci assicura, le vittime preferite dei malviventi. “Abbiamo paura, certo, ci sono tanti furti e la sera torniamo sempre a casa in gruppo”, ci confessa un suo connazionale che gestisce un negozio di elettronica sotto il porticato, “c’è anche chi sta pensando a trasferirsi, ma non è facile farlo da un giorno all’altro”. Nella Chinatown romana sono in pochi a voler parlare con i giornalisti. “La nostra clientela si è progressivamente ridotta”, ci racconta a telecamere spente un altro ragazzo cinese, titolare di una profumeria di lusso che affaccia sulla piazza, “le persone hanno paura di essere scippate e quindi non frequentano più la zona”. “Ho da poco subito una rapina”, gli fa eco, due serrande più in là, il proprietario di un’agenzia di viaggi. “Ormai i biglietti per alcuni clienti li faccio recapitare dai fattorini, perché qui non vogliono metterci piede”, ci spiega esasperato.

Degrado e spaccio a cielo aperto

“Rapine, borseggi, risse e accoltellamenti qui sono all’ordine del giorno, ma ve ne accorgete solo ora perché qualche vip ha alzato la voce”, protesta un edicolante. Cartoni e coperte sono ammucchiati ovunque agli angoli delle strade, pronti per trasformarsi, al calar del sole, in giacigli per decine di senzatetto. Lungo la recinzione che circonda i giardini dedicati a Nicola Calipari sono altrettanti i bivacchi con birra e superalcolici. Ma è via Principe Amedeo il centro dei traffici. Di fronte al Nuovo Mercato Esquilino c’è un vero e proprio bazar animato da un centinaio di nordafricani. Qui si può comprare di tutto, dai capi di abbigliamento contraffatti alla cocaina. Il suq va avanti fino a tarda sera ed è lì che si smercia la polvere bianca. A rivelarcelo è un pusher nordafricano che ci ferma sul ballatoio della vicina via Giolitti per tentare di venderci marijuana: “Io ho solo l’erba, se volete la cocaina dovete andare a San Lorenzo oppure al mercato di piazza Vittorio”. Un altro ragazzo africano, fiutato l’affare, si offre pure di accompagnarci. Ma ci allontaniamo con una scusa.

Così i pusher sfidano la polizia

Anche nel roseto di Piazza Vittorio lo spaccio va avanti senza sosta. Sono le sette di sera quando ci addentriamo nel parco immerso nell’oscurità. Ci basta fare pochi passi e un gruppo di pusher, anche loro africani, ci circonda. I lampeggianti delle volanti qualche metro più in là non sembrano spaventarli. “No, non fa niente la polizia, non ti preoccupare", ci rassicurano prima di descriverci la mercanzia: hashish, marijuana, cocaina. "Ci trovate anche più tardi, noi stiamo sempre qua", ci garantiscono. Ed in effetti anche dopo la chiusura dei cancelli, vediamo i ragazzi entrare ed uscire dal loro "quartier generale" scavalcando le ringhiere. Gli scambi proseguono fino a tardi, con le sentinelle a piantonare i giardini. Poco lontano il regista premio Oscar, Paolo Sorrentino, si avvia verso casa.

È uno dei tanti vip che ha scelto di vivere in questo rione multiculturale dove il processo di integrazione, però, sembra essere sfuggito di mano. Lasciando il posto a degrado ed illegalità, che anche i controlli rafforzati faticano a fermare.

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