Flores d'Arcais, cattivo maestro di un esercito di forcaioli

Compie 80 anni e cede la direzione a Cinzia Sciuto. Ha sostenuto qualsiasi iniziativa giudiziaria o anti-politica contro l'ordine

Flores d'Arcais, cattivo maestro di un esercito di forcaioli
00:00 00:00

Questo è l'ultimo favore che gli facciamo, è l'ultima cortesia dovuta a un anziano che finalmente si accorge di esserlo (con trent'anni di ritardo) ed è l'ultima volta che fingiamo l'esistenza di quella che è sempre stata un'invenzione giornalistica: Paolo Flores D'Arcais, «filosofo» (e già qui...) e, nell'ordine, ex marxista, ex comunista, ex trotzkista, ex sessantottino, ex craxiano, ex martelliano, ex occhettiano, ex girotondino, nella sostanza ex niente che ora lo diventa ufficialmente: e con lui Micromega, un bimestrale (sì, esistono i bimestrali) che dal 1986, lui sempre direttore, doveva discutere «le ragioni della sinistra» (sottotitolo del periodico) ma ci ha informato dei torti di Flores D'Arcais. Informato chi? Noi giornalisti, e con noi ogni movimentismo ciclico e auto-rigenerante che ha sostenuto una via giudiziaria alle riforme, in pratica un cappello organizzativo per manifestazioni e intruppamenti.

La notizia comunque sarebbe questa: Flores D'Arcais compie ottant'anni (auguri) e dopo 38 anni ha annunciato che si dimetterà dal suo bimestrale «per realizzare la transizione generazionale» (quasi bi-generazionale) e che cederà lo scettro a una sua vice che si chiama Cinzia Sciuto. Fine, il resto è pubblicità dell'apposito numero speciale di 300 pagine prossimo venturo: un sicuro successo popolare che costringerà a transennare le edicole, e che, nell'occasione, spinge Flores D'Arcais a definire la sua creatura «un'iniziativa di successo» anche se il gruppo Gedi, tre anni fa, l'aveva chiusa in quanto come dirlo? non la comprava nessuno.

Quindi fingiamo che si sia chiusa un'epoca, anche se, in ogni caso, si è chiusa da tre lustri: nell'illusione del «filosofo» che il suo bimestrale (parole sue, in un suo comunicato) in questi imperdibili 38 anni abbia sorvegliato posizioni della «sinistra sommersa», «società civile», «partito azionista di massa», «illuminista», «giustizia e libertà», «Resistenza antifascista», «eguaglianza», «legalità», «laicità», «sovranità dei cittadini» e «democrazia presa sul serio».

Il risultato innegabile di 300 volumi, 3.000 autori e 7.000 saggi è che oggi al governo c'è Giorgia Meloni: ma non c'entra, quello di Flores D'Arcais è in pratica un annuncio cosmico, la luce di una stella (una nana grigia) morta da anni, parecchi, polvere di Cinque Stelle: è da quando sono comparsi loro che in pratica è scomparso.

Prima, nell'universo precedente, per volere di Bettino Craxi fece in tempo a diventare animatore del periodico «Mondo Operaio» (che non è un'imprecazione) accanto a Lucio Colletti, Giuliano Amato, Giorgio Ruffolo, Gino Giugni ed Ernesto Galli Della Loggia. Poi, lentamente e per farla breve, alla fine degli anni Ottanta è craxiano, all'inizio del Novanta è occhettiano, poi passa ai «girotondi» (remember?) e cerca di imporre delle sue liste personali che si concretizzarono in un «fallimento pieno e perfetto» (parole sue) e raccolsero appena 130 adesioni.

Nel giugno del 2004 pubblicò «La primavera di MicroMega» con in copertina Bush e Berlusconi che si stringono la mano sullo sfondo di un iracheno torturato. Da un dialogo riportato all'interno, Achille Occhetto: «Si tratta di contrastare la visione leninista del rapporto tra partito e società»; Flores d'Arcais: «Pensi a un leninismo che ci può essere anche nella Lega, e a un leninismo mediatico-aziendale che ci può essere nel partito di Berlusconi?»; Occhetto: «Esatto».

Nel tempo si confermò sostenitore di qualsiasi alternativa giudiziaria o antipolitica che si opponesse all'ordine costituito. Ogni tanto faceva capolino in tv e colpiva per il suo assolutismo lessicale privo di chiaroscuri, nel 2008 si circondava di intellettuali del tenore di Pancho Pardi e Giuseppe Giulietti (remember?) e inseguiva le sbandate politiche dei Nanni Moretti e soprattutto Antonio Di Pietro (sempre amato) e però, nel 2009, scrisse un editoriale sul Fatto Quotidiano: «Caro Di Pietro, l'Idv non basta». Infatti sparì anche quella. Il resto è crepuscolo.

Nel 2013, da grande baciatore della morte col suo amico Marco Travaglio, dichiarò che avrebbe votato Rivoluzione Civile di Antonio Ingroia: e fu dissoluzione civile. Da allora a oggi, dalla clandestinità, non ha fatto mancare il suo appoggio a ogni avanzo di cancelleria e a ogni politica in stile Rebibbia, ma così è la vita, era tempo di passare la mano, meglio, la manetta.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica